22 Marzo
Mi trovo – ormai da quasi due settimane – nella provincia di Sofala, in Mozambico, in una zona chiamata Mangunde, dove opera un piccolo ospedale che ha come priorità la lotta all’aids in un’area rurale che “vanta” un indice di diffusione del virus dell’Hiv tra i più alti. A Mangunde ho incontrato Flora e conosciuto la sua storia. Nel 2005 – quando lavorava come infermiere nel piccolo ospedale –, incinta del suo terzo figlio, durante i controlli di rito scopre di essere sieropositiva. Il colpo è duro ma, aiutata dall’equipe di Mangunde, reagisce, salva il figlio dalla possibile trasmissione verticale del virus e accetta di sottoporsi alle terapie che le permettono una vita normale. Oggi Flora lavora come consigliera nel centro per la prevenzione e la lotta all’aids di Mangunde. Il suo compito è quello di convincere le donne incinte a farsi il test per il virus dell’Hiv, per essere eventualmente pronte a salvare il figlio e la propria vita. “Perché – mi dice con un sorriso vero sulle labbra – è meglio farsi il test, essere consapevoli e vivere, anche se con l’aids, che rifiutare di guardare in faccia la realtà e morire di aids. (scritto a Mangunde il 15 marzo 2009). Gino Barsella, Beira, 22 marzo 2009