Michael Franti & The Spearhead

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Michael Franti non è un artista reggae vero e proprio ma il reggae è sempre stato per lui una influenza importante: gli ultimi due albums dei suoi Spearhead e cioè ‘Yell fire!’ e ‘All rebel rockers’ per esempio sono stati registrati in Giamaica con il prezioso aiuto di Sly & Robbie ed ovviamente il reggae è fortemente presente nei solchi di questi due ottimi lavori. Anche se piuttosto incatalogabile, soprattutto analizzando la sua intera discografia, l’arte di Michael va ricondotta ad un filo che lega la canzone di protesta di Woody Guthrie ed Hank Williams alla poesia funk di personaggi come Gil Scott-Heron o i Last Poets ed altre importanti esperienze di black music americana passando però anche attraverso il punk di artisti come Clash o Dead Kennedys. La famosa etichetta indipendente Alternative Tentacles del leader del gruppo Yello Biafra infatti pubblica l’unico lavoro dei Beatnigs, il gruppo tra rumorismo e poetry che Michael fonda insieme al performer e ballerino Rono Tse. L’esperienza Beatnigs apre la strada al successivo progetto The Disposable Herpes Of Hipoprisy, ensemble aperto ancora con Rono Tse ed ottimi musicisti della Bay Area come per esempio il chitarrista jazz Charlie Hunter. Tra abrasività punk, hip hop, jazz e lucida poesia a sfondo sociale e politico ‘Hipocrisy is the greatest luxury’ è l’unico disco prodotto dalla band ma è un autentico capolavoro che frutta la partecipazione come gruppo di apertura al tour mondiale degli U2 Zoo TV Tour. Nel 1994 Michael dichiara concluso il capitolo Disposable Heroes e forma Spearhead inaugurando il progetto con l’ottimo ‘Home’, un disco all’insegna del ‘groove’ e con bellissimi testi e la voce di Michael in bilico tra ‘spoken word’ ed hip hop. Sempre sui binari del soul Spearhead mantengono ottimi livelli con i due dischi successivi ‘Chocolate supa highway’ e ‘Stay human’. Nel 2005 Michael ed una ristretta crew di cameramen ed amici si imbarcano in una significativa avventura: visitare l’Iran e la Palestina per cercare contatti con i musicisti locali e soprattutto scoprire parlando con la gente comune i devastanti effetti della guerra quotidiana. Il risultato è lo struggente documentario ‘I know I’m not alone’ che racconta i toccanti incontri di Michael sempre accompagnato dalla sua chitarra. ‘Everyone deserves music’ ha una sterzata sul rock, la world music e la canzone di autore rispetto ai dischi precedenti mentre la già citata accoppiata costituita da ‘Yell fire!’ e ‘All rebels rockers’ porta una ventata decisa di reggae e ritmi tropicali nella musica di uno dei più sinceri critici della politica e della società americana in circolazione. Se non ci fosse Michael, in sostanza, bisognerebbe inventarlo!