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African Head Charge

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Il progetto African Head Charge ha radici lontane: il percussionista giamaicano Bonjo 'Iyabinghi' Noah era già parte integrante della scena dei musicisti reggae inglese come percussionista della band di Dillinger e come membro di vari progetti legati all'etichetta On-U-Sound come Creation Rebel o Singers & Players, quando decise di intraprendere un progetto personale di studio legato al suono dei tamburo nyabinghi ed agli sviluppi del dub sotto le sperimentazioni del dubmaster bianco Adrian Sherwood. I primi albums di African Head Charge 'My life in a hole in the ground' (1981) e 'Environmental studies' (1982) sono straordinari esempi della poetica del gruppo: un seducente ed intricato groviglio di percussioni riceve il trattamento del mixer di Adrian Sherwood per proiettare la forza ancestrale del tamburo nelle galassie siderali del dub. Pur essendo il progetto personale di Bonjo l'incanto della musica di African Head Charge deriva dal perfetto equilibrio dei tanti apporti dei personaggi coinvolti e cioè grandi musicisti come per esempio Style Scott, Skip McDonald e Keith Leblanc e dal grande talento di Adrian Sherwood che non è solo un produttore ed un dubmaster ma un grande amico e catalizzatore creativo. La avventura di African Head Charge si snoda attraverso una ventina di albums in cui il forte carattere della musica di Bonjo riceve i diversi trattamenti tecnologici da differenti approcci del dub. Alla registrazione dei suoi lavori il percussionista alterna lunghi soggiorni in Ghana, la terra in cui si è trasferito durante gli anni novanta. Al momento di l'ultimo capolavoro di African Head Charge è 'Vision of a psychdelic Africa', uscito nel 2005 in Giappone: il set del Sunsplash vedrà Bonjo affiancato ad un altro percussionista, un deejay/musicista ad aggiungere vari suoni e campionamenti e la presenza di Adrian Sherwood al banco di regia.

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