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8 Maggio 2008 14:29

IL fascismo.

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di pierluigi dattis

Il fascismo fu un movimento politico italiano del XX secolo, rivoluzionario e reazionario[1], di carattere nazionalista e autoritario, che sorse in Italia per iniziativa di Benito Mussolini alla fine della prima guerra mondiale. Di ispirazione sindacal-corporativa, combattentistica[2] e organicista[3], si costituì in regime dittatoriale negli anni Venti. Il fascismo si descrive come una terza via tra capitalismo liberale e comunismo marxista, basata su una visione organicista, corporativista e totalitaria dello Stato. Radicalmente e violentemente contrapposto al socialismo e al comunismo e pur riconoscendo la proprietà privata, il fascismo rifiuta infatti anche i principi della democrazia liberale. Nacque in parte come reazione alla Rivoluzione Bolscevica del 1917 e alle forti lotte sindacali, operaie e bracciantili, culminate nel Biennio rosso[4] in parte in polemica con la società liberal-democratica uscita lacerata dall'esperienza della prima guerra mondiale,[5] unendo aspetti ideologici tipici dell'estrema destra (nazionalismo, militarismo, espansionismo, meritocrazia) con quelli dell'estrema sinistra (primato del lavoro, rivoluzione sociale e generazionale, sindacalismo rivoluzionario soreliano), inserendovi elementi ideali originali e non, quali l'aristocrazia dei lavoratori e dei combattenti, la concordia fra le classi (principio organicista),[6] il primato dei doveri dell'uomo sui diritti (originariamente concepito da Giuseppe Mazzini), e il principio gerarchico, portato al suo culmine dell'obbedienza cieca e pronta al capo di alcuni reparti d'assalto (Arditi) durante la grande guerra[7] Si riporta qui la definizione di fascismo data da colui che ne fu l'ideatore e il capo, Benito Mussolini: « Il Fascismo è una grande mobilitazione di forze materiali e morali. Che cosa si propone? Lo diciamo senza false modestie: governare la Nazione. Con quale programma? Col programma necessario ad assicurare la grandezza morale e materiale del popolo italiano. Parliamo schietto: Non importa se il nostro programma concreto, non è antitetico ed è piuttosto convergente con quello dei socialisti, per tutto ciò che riguarda la riorganizzazione tecnica, amministrativa e politica del nostro Paese. Noi agitiamo dei valori morali e tradizionali che il socialismo trascura o disprezza, ma soprattutto lo spirito fascista rifugge da tutto ciò che è ipoteca arbitraria sul misterioso futuro. » (Benito Mussolini, 19 agosto 1921 - Diario della Volontà) Fra le innumerevoli interpretazioni successive del fascismo si riporta la seguente di Lelio Basso « Il fascismo è stato un fenomeno più complesso, in cui hanno confluito e si sono incontrate componenti diverse, ciascuna delle quali aveva naturalmente le sue radici nella precedente storia d'Italia per cui è assurdo parlare del fascismo come di una parentesi che bruscamente interrompe il corso della nostra storia, ma neppure si può affermare che esso sia semplicemente il logico punto d'approdo di questo corso precedente. Se il fascismo trova indubbiamente le sue origini nel nostro passato risorgimentale, se le componenti (...) sono venute maturando attraverso il tempo talché si può dire che costituiscano dei filoni ininterrotti tuttavia ciò che determinò il loro incontro in una sintesi nuova fu la guerra mondiale e la crisi del dopoguerra che, virulentando i germi preesistenti, fece esplodere in forma acuta quelle che erano state fin allora delle malattie croniche del nostro organismo. Ci sono quindi nel fascismo elementi di continuità ed elementi di novità e di rottura rispetto alla storia precedente: gli elementi di continuità sono appunto quelle malattie croniche, quegli squilibri tradizionali che in parte affondano le loro radici nei secoli passati e in parte sono un portato del processo risorgimentale, del modo cioè come l'Italia giunse ad essere uno Stato unitario e moderno, mentre l'elemento di novità è la virulentazione sopravvenuta con la guerra e il dopoguerra che, mettendo in crisi i precari equilibri precedenti, fa scoppiare tutte le contraddizioni e precipita la situazione italiana fino al punto di rottura, determinando una sintesi nuova, un equilibrio nuovo, un fenomeno nuovo che appunto s'è chiamato fascismo.[8] » Etimologia del termine [modifica] Il nome fascismo deriva da Fasci di combattimento fondati nel 1919 da Benito Mussolini[9]origine etimologica dalla parola fascio (in lingua latina: fascis). Il riferimento era ai fasci usati dagli antichi littori come simbolo del potere legittimo, e poi passati ai movimenti popolari e rivoluzionari come simbolo di unione dei cittadini (per tale motivo, il fascio è tutt'oggi presente nelle panoplie nazionali americana e francese). L'ascia presente nel fascio simboleggiava il supremo potere di ius vitae necisque, diritto di vita o di morte, esercitato solo dalle massime magistrature romane, mentre le verghe erano simbolo dell'ordinaria potestà sanzionatoria, e materialmente usate dai littori per infliggere la pena (non capitale) della verberatio. Un littore romano, aveva il compito di proteggere i magistrati. [espandi]Indice [nascondi] Indice 1 Etimologia del termine 2 Nascita e sviluppo (dalle origini alla dittatura) 3 Cenni di storia del Fascismo (dalla dittatura alla caduta) 3.1 Precursori e premesse 3.2 Il fascismo al potere 3.3 La dittatura 3.4 Consenso e propaganda 3.5 Politica economica 3.5.1 L'autarchia 3.5.2 La riforma Gentile 3.6 La politica estera 3.6.1 L'Etiopia 3.6.1.1 Crimini attribuiti all'Italia in Abissinia 3.7 Verso la guerra 3.8 La caduta 4 Filosofia politica, ideologia e prassi del Fascismo 4.1 Il fascismo come idea 4.2 Il fascismo come ideologia 4.3 Il fascismo opposto alla democrazia 4.4 Il fascismo "reale" 5 Ulteriori sviluppi filosofici ed ideologici 5.1 Razzismo e antisemitismo 5.2 L'idea di Impero (neoghibellinismo) 5.3 La creazione dell'uomo nuovo 5.4 Il mito del Sangue contro l'Oro 5.5 L'Era fascista 6 Il termine "fascismo" nel mondo 6.1 Il punto di vista anglo-americano 6.2 Il punto di vista marxista e socialista 6.3 Le derivazioni del caso italiano 7 La Repubblica Sociale Italiana (R.S.I.) 7.1 Caratteristiche salienti del fascismo repubblicano 8 Il "neofascismo" 9 Interpretazioni del Fascismo 9.1 Parodie del fascismo 10 Note 11 Bibliografia 12 Voci correlate 13 Altri progetti Nascita e sviluppo (dalle origini alla dittatura) [modifica] Il fascismo nacque ufficialmente il 23 marzo 1919 a Milano. Quel giorno a Piazza san Sepolcro n° 9, in un locale messo a disposizione dal Circolo degli Interessi Industriali si radunò un piccolo gruppo di circa 120 ex combattenti, interventisti, arditi e intellettuali, che fondarono i Fasci italiani di combattimento.[10] Il programma di questo gruppo fu essenzialmente volto alla valorizzazione della vittoria sull'Austria Ungheria, alla rivendicazione dei diritti degli ex-combattenti, al "sabotaggio con ogni mezzo delle candidature dei neutralisti". Seguì quindi un programma economico-sociale che prevedeva - fra l'altro - l'abolizione del Senato, tasse progressive, pensione a 55 anni, giornata lavorativa di otto ore, abolizione dei Vescovati, sostituzione dell'Esercito con una milizia popolare. Un fondamentale contributo alla nascita del fascismo fu dato dal movimento dello Squadrismo, ovvero l'organizzazione di squadre paramilitari con le quali si realizzò una sistematica demolizione dei movimenti politici rivali (socialisti, popolari, comunisti, sindacalisti) e la progressiva occupazione - con mezzi legalitari e illegali - di posizioni chiave nelle amministrazioni comunali. Le squadre, che giunsero a raccogliere 300.000 aderenti,[11] fornirono il nerbo della forza golpista con la quale, il 28 ottobre 1922 il Fascismo forzò la mano al sovrano Vittorio Emanuele III marciando su Roma. Per approfondire, vedi le voci Programma di San Sepolcro, Squadrismo e Marcia su Roma. Con il congresso di Roma del 9 novembre 1921 il fascismo si trasformò da movimento in partito. In seguito alla marcia su Roma del 28 ottobre il re Vittorio Emanuele II incaricò Benito Mussolini di formare un nuovo governo. Mussolini si presentò alla Camere con un governo di coalizione formato soprattutto da esponenti liberali, cattolici e da alcuni esponenti moderati dal Partito Fascista, ed ottenne la fiducia . Il programma politico aveva subito una serie di aggiustamenti con l'obbiettivo di favorire gli abboccamenti con le forze conservatrici e reazionarie, le quali iniziarono quasi da subito a finanziare il movimento.[12] Con l'arrivo al potere, Mussolini intraprese una politica di riassetto delle casse dello stato, di liberalizzazioni e riduzioni della spesa pubblica. Venne riformata la scuola dietro impulso del filosofo Giovanni Gentile. D'altro canto diede seguito ad una serie di rivendicazioni delle associazioni combattentistiche, e dei sindacati fascisti, garantendo le pensioni e le indennità ai reduci e ai mutilati e rendendo obbligatoria la giornata lavorativa di otto ore agli operai. In politica estera, l'Italia accettò i patti siglati a Locarno con la Iugoslavia, ma ebbe la protezione delle minoranze italiane in Dalmazia e l'autonomia di Fiume (che nel 1924 venne riunita alla madrepatria). Infine ci fu anche la revisione - a favore dell'Italia - dei confini delle colonie in Tripolitania e Cirenaica con gli imperi coloniali di Francia e Gran Bretagna. [13] La presenza tuttavia di un'ala oltranzista nel PNF, rappresentata da elementi estremisti come Italo Balbo e Roberto Farinacci, impedì la "normalizzazione" delle squadre d'azione, che continuarono ad imperversare nel paese spesso fuori da ogni controllo.[14] Ne fecero le spese numerosi antifascisti, il più importante dei quali, Giacomo Matteotti, venne assassinato in seguito ad un tentativo di rapimento da parte di una banda di squadristi capeggiata da Amerigo Dumini. La cosiddetta "crisi Matteotti" che ne seguì mise il governo Mussolini di fronte ad un bivio: continuare a governare legalitariamente, rispettando quantomeno nella forma lo Statuto, oppure imprimere una svolta autoritaria. Mussolini, premuto dai ras dello squadrismo, optò per la seconda scelta. Il fascismo divenne dunque dittatura.[15] Giacomo MatteottiI passaggi successivi con cui il governo Mussolini si trasforma in dittatura sono i seguenti: 3 gennaio 1925 - Discorso delle "leggi fascistissime". Mussolini rivendica la responsabilità morale dell'omicidio di Matteotti e annuncia provvedimenti straordinari contro le opposizioni. 2 ottobre 1925 - Patto di Palazzo Vidoni (perfezionato con la legge Rocco del 3 aprile 1926) che riduce i sindacati a due, uno per i lavoratori e l'altro per il padronato, abolisce il diritto di sciopero (per gli operai) e di serrata (per il padronato) e riconduce le controversie fra lavoratori e datori di lavoro all'arbitrato dello stato e delle corporazioni. 24 dicembre 1925 - Il capo del governo viene dichiarato non più responsabile di fronte al Parlamento, ma solo nei confronti del sovrano. 31 ottobre 1926 - Mussolini subisce un attentato da parte di Anteo Zamboni in seguito al quale vengono abolite la libertà di stampa per l'antifascismo, i partiti e le organizzazioni antifasciste e si dichiarano decaduti i deputati della Secessione dell'Aventino. Cenni di storia del Fascismo (dalla dittatura alla caduta) [modifica] Per approfondire, vedi la voce Storia dell'Italia fascista. In seguito alla crisi del 1924-25 il regime fascista - fino ad allora al governo in maniera statutaria - subità una svolta autoritaria che porterà all'abolizione delle libertà democratiche e alla realizzazione di una dittatura con aspirazioni totalitarie. Il potere relativamente ampio del regime mussoliniano, ottenuto tramite la soppressione poliziesca dell'opposizione politico-partitica e il contemporaneo ottenimento di un vasto consenso interno, consentirà al fascismo di imprimere radicali modificazioni al paese, alla sua società, alla sua cultura e alla sua struttura economica. Nel corso dei due decenni di governo, detti Ventennio, il fascismo cercherà anche di imporre la propria visione antropologica al popolo italiano attraverso politiche educative, culturali, eugenetiche e infine attraverso una legislazione razzista ed antisemita. In politica estera, il regime promuoverà prima una blanda revisione dei trattati di pace del 1919 per assicurare contemporaneamente una maggiore forza all'Italia e la stabilità in Europa, ma in seguito al sorgere del nazismo in Germania a metà degli anni trenta, il regime si vedrà costretto ad una spirale di scelte tali che nel suo ultimo quinquennio il fascismo finì col legarsi sempre più al regime nazista, con il quale finirà coinvolto nella seconda guerra mondiale. Benito Mussolini e Adolf Hitler in JugoslaviaL'esperienza bellica sarà disastrosa per il regime e per il paese. L'invasione alleata delle regioni meridionali portò alla caduta del governo di Mussolini ed al suo arresto e la nomina del generale Badoglio come primo ministro : in una sola giornata venti anni di regime - oramai completamente privato di consenso popolare - vennero spazzati via e quindi ad una divisione della penisola in due tronconi, occupati rispettivamente da Asse al nord ed Alleati al sud. Questa divisione consentì una temporanea rinascita del fascismo nelle regioni settentrionali, dove esso organizzò uno Stato di fatto (Repubblica Sociale Italiana, RSI) riconosciuto solo dai paesi dell'Asse. Negli ultimi venti mesi di esistenza il fascismo fu coinvolto nella guerra civile con le formazioni partigiane che fiancheggiavano l'avanzata alleata. Alla fine di aprile 1945 con il crollo del fronte e l'insurrezione popolare proclamata per il giorno 25 dal Comitato di Liberazione Nazionale, la RSI fu spazzata via. I suoi elementi dirigenti - compreso Mussolini - catturati dai partigiani, furono eliminati sommariamente fra 28 e 29 aprile 1945. Con la morte di Mussolini l'esperienza fascista può essere considerata conclusa. ▼ EspandiVecchia sezione in attesa di progressiva eliminazione Precursori e premesse Alcune camicie nere sfliano davanti al Quirinale, all'epoca residenza reale.In Italia il fascismo trovò i suoi precursori negli anni precedenti alla prima guerra mondiale, nel movimento artistico del futurismo (il cui ispiratore, Filippo Tommaso Marinetti, aderì successivamente al movimento di Mussolini), e nel decadentismo di Gabriele D'Annunzio e in numerosi altri pensatori ed azionisti politici nazionalisti che si ritrovarono nella rivista Il Regno (Giuseppe Prezzolini, Luigi Federzoni, Giovanni Papini), molti dei quali militarono in seguito nelle fila fasciste. Importante fu anche il contributo di correnti di pensiero della sinistra non marxista, quali il sindacalismo rivoluzionario, ispirato alla dottrina del pensatore francese Georges Sorel. Una spinta decisiva alla nascita del fascismo è dovuta anche al fenomeno , conseguenza della prima guerra mondiale, dell' arditismo. Fu l'indiscussa abilità di politico di Benito Mussolini, ex dirigente del Partito Socialista Italiano, convertito alla causa del nazionalismo e della grande guerra, a fondere la confusa congerie di idee, aspirazioni, frustrazioni degli ex combattenti reduci dalla dura esperienza della guerra di trincea, in un movimento politico che all'inizio ebbe una chiara ispirazione socialista e rivoluzionaria (vedi il programma dei fasci di combattimento del marzo 1919) e che si contraddistinse fin da subito per la violenza dei metodi impiegati contro gli oppositori. La crisi economica del dopoguerra, la disoccupazione e l'inflazione crescenti, la smobilitazione dell'esercito (che restituì alla vita civile migliaia di persone), i conflitti sociali e gli scioperi nelle fabbriche del nord, l'avanzata del partito socialista divenuto il primo partito alle elezioni del 1919, crearono, negli anni 1919-1922, le condizioni per un grave indebolimento delle strutture statali e per un crescente timore da parte dei ceti agrari e industriali di una rivoluzione comunista in Italia sul modello di quella in corso in Russia. In questa situazione fluida, Mussolini colse l'occasione e, abbandonando rapidamente il programma socialista e repubblicano, si pose al servizio della causa antisocialista; le milizie fasciste, appoggiate dai ceti possidenti e da buona parte dell'apparato statale che vedeva in lui il restauratore dell'ordine, lanciarono una violenta offensiva contro i sindacati e i partiti di ispirazione socialista (ma anche cattolici), in particolar modo nel centro-nord d'Italia (soprattutto Emilia Romagna e Toscana), causando numerose vittime nella sostanziale indifferenza delle forze dell'ordine. Le violenze furono nella gran parte dei casi provocate dagli squadristi fascisti, che sempre più apertamente furono appoggiati da Dino Grandi, l'unico reale competitore di Mussolini per la leadership all'interno del partito, che nel congresso di Roma del 1921 si fece da parte e diede via libera al futuro Duce. La violenza crebbe considerevolmente negli anni 1920-22 fino alla Marcia su Roma (28 ottobre 1922). Per approfondire, vedi la voce Marcia su Roma. Il fascismo al potere Il Narodni Dom (Casa del popolo), centro culturale degli Sloveni incendiato dai fascisti a Trieste nel 1920 Giacomo MatteottiDi fronte all'avanzata di milizie fasciste mal armate e guidate su Roma, il Re Vittorio Emanuele III di Savoia, preferendo evitare ogni spargimento di sangue e ignorando i suggerimenti del Presidente del Consiglio dei Ministri in carica Luigi Facta che gli chiedeva di firmare il decreto che proclamava lo stato d'assedio, decise di affidare l'incarico di Presidente del Consiglio a Mussolini, che in quel momento aveva in Parlamento non più di 22 deputati. Vittorio Emanuele mantenne sempre il controllo dell'esercito: se avesse voluto, avrebbe potuto senza problemi bandire da Roma Mussolini e le forze fasciste, inferiori in tutto alle guarnigioni di stanza nella capitale; in virtù di ciò la marcia su Roma, a rigor di termini, non può essere considerata un colpo di stato, in quanto Mussolini ottenne, di fatto, l'incarico di formare un nuovo esecutivo legalmente, godendo dell'appoggio (quantunque oggetto di molte e profonde critiche) del sovrano. Per approfondire, vedi la voce Governo Mussolini. Da primo ministro, i primi anni di Mussolini (1922-1925) furono caratterizzati da un governo di coalizione, composto da nazionalisti, liberali e popolari, che non assunse fino al delitto Matteotti veri e propri connotati dittatoriali. In politica interna Mussolini favorì la completa restaurazione dell'autorità statale e la soppressione dell'estrema sinistra, con l'inserimento dei fasci di combattimento nell'interno dell'esercito (fondazione nel gennaio 1923 della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale) e la progressiva identificazione del Partito in Stato. In politica economica e sociale vennero emanati provvedimenti che favorivano i ceti industriali e agrari (privatizzazioni, liberalizzazione degli affitti, smantellamento dei sindacati). Nel luglio 1923 venne approvata una nuova legge elettorale maggioritaria, che assegnava due terzi dei seggi alla coalizione che avesse ottenuto almeno il 25% dei suffragi, regola puntualmente applicata nelle elezioni del 6 aprile 1924, nelle quali il "listone fascista" ottenne uno straordinario successo, agevolato anche dai brogli, dalle violenze e dalle intimidazioni contro gli oppositori. L'assassinio del deputato socialista Giacomo Matteotti, che aveva chiesto l'annullamento delle elezioni per le irregolarità commesse, provocò una momentanea crisi del governo Mussolini. Per approfondire, vedi la voce Delitto Matteotti. Il leader socialista Matteotti fu ucciso perché denunciò alla Camera dei deputati nel 1924 i brogli e le violenze commesse dai fascisti durante la campagna elettorale. Il suo assassinio ebbe un'eco vastissima nell'opinione pubblica in cui si diffuse la convinzione che a ordinarlo fossero stati i vertici del governo. L'episodio dimostrava che la "normalizzazione" dello squadrismo annunciata da Mussolini non era riuscita e che un'opposizione legale non era gradita. I partiti d'opposizione reagirono abbandonando il Parlamento: fu la "secessione dell'Aventino", così chiamata in analogia con la decisione della plebe dell'antica Roma di ritirarsi sul colle dell'Aventino per protesta contro i soprusi dei patrizi. Contrario a tale scelta fu solamente il Partito Comunista che rimase isolato nel proporre uno sciopero generale. Gli aventiniani miravano a incrinare l'intesa tra fascisti e la loro coalizione provocando un intervento del re, ma le loro aspettative furono deluse poiché Vittorio Emanuele III si astenne da ogni iniziativa. La debole risposta delle opposizioni, incapaci di trasformare il loro gesto in un'azione antifascista di massa, non fu sufficiente ad allontanare le classi dirigenti e la Monarchia da Mussolini che, il 3 gennaio 1925, ruppe gli indugi e, con un noto discorso nel quale assumeva su di sé l'intera responsabilità del delitto Matteotti e delle altre violenze squadriste, di fatto proclamò la dittatura, sopprimendo ogni residua libertà e completando l'identificazione assoluta del Partito Nazionale Fascista con lo Stato. Benito Mussolini durante un discorsoLa dittatura Per l'effettiva realizzazione di uno stato dittatoriale - ossia per vedere formalmente inserite all'interno dello Stato italiano organizzazioni e istituzioni derivate dal Partito Fascista - occorrerà attendere la costituzionalizzazione del Gran Consiglio del Fascismo, avvenuta il 9 dicembre 1928. Pur potendo essere definito un regime dittatoriale, il regime conservò in vigore lo Statuto del Regno (Statuto Albertino) piegandolo però alle proprie esigenze. Dal 1925 fino alla metà degli anni trenta il fascismo conobbe solo un'opposizione sotterranea e di carattere cospirativo, guidata in buona parte da comunisti come Antonio Gramsci, socialisti come Pietro Nenni, demo-liberali come Giovanni Amendola, liberali come Piero Gobetti, molti dei quali pagarono con la vita, l'esilio, pene detentive o il confino il loro rifiuto. Consenso e propaganda La maggioranza degli italiani, soprattutto nei ceti medio-alti ma anche quel mondo agricolo vicino al Partito Popolare, trovò un modus vivendi con la nuova situazione, vedendo forse in Mussolini un baluardo contro il materialismo e il socialismo e soprattutto contro il disordine economico successivo alla guerra '15-18: da parte sua, il fascismo italiano non esercitò mai una grande opera di indottrinamento della popolazione come quella intrapresa dal nazismo in Germania, ma piuttosto, come il franchismo spagnolo, si limitò nella maggior parte dei casi ad esigere solo una partecipazione di facciata. Tale situazione venne favorita dal riavvicinamento con la Chiesa Cattolica, che culminò nel Concordato dell'11 febbraio 1929, con cui si chiudeva l'annosa questione dei rapporti tra Stato e Chiesa aperta nel 1870 dalla Breccia di Porta Pia e che restituiva al cattolicesimo il ruolo di religione di Stato. Con i patti lateranensi firmati il 29 febbraio 1929 ci fu un accordo tra stato italiano e chiesa: la Santa Sede riconobbe lo stato italiano, che a sua volta riconosceva la sovranità della chiesa sullo stato della città del Vaticano, che ricevette anche delle indennità per la perdita dello stato della Chiesa. Con questi patti ci fu un riavvicinamento alla politica della popolazione italiana (in Italia la popolazione era per il 99 per cento cattolica). Per approfondire, vedi la voce Patti Lateranensi. Benito Mussolini e Adolf Hitler in JugoslaviaInoltre è proprio a questo periodo che risalgono i notevoli risultati del regime nel campo dei lavori pubblici e delle politiche sociali, che giovarono al regime stesso altissimi consensi: sono gli anni, infatti, della bonifica delle paludi pontine, della battaglia del grano e dell'appoderamento delle vaste aree del latifondo paludoso-malarico a favore delle famiglie degli strati più indigenti tra gli ex combattenti del primo conflitto mondiale, o con iniziative come le colonie estive per combattere il gozzo (allora malattia endemica), gli anni che danno inizio alla politica delle bonifiche e delle fondazioni delle "città nuove", opera del Razionalismo italiano, rurali o coloniali come Latina (allora Littoria), Sabaudia o Portolago, che, oltre al consenso popolare, donarono un'ampia visibilità internazionale al regime. Politica economica Il governo mirò principalmente ad aumentare i margini d'azione, e quindi di profitto, all'iniziativa privata. Vennero inoltre alleggerite le tasse sulle imprese, vennero privatizzati alcuni monopoli di stato, come quello sulle assicurazioni sulla vita e sul servizio telefonico, i cui costi diminuirono sostanzialmente (rimanendo comunque elevati)[16]. Si limitò la spesa pubblica, in parte però con i licenziamenti dei ferrovieri. La politica liberista in economia portò buoni successi, con un aumento della produzione agricola e industriale. Il bilancio statale tornò in pareggio già nel 1925.[17] Nel settore previdenziale, la Cassa nazionale per le assicurazioni sociali (CNAS), istituita nel 1919, venne trasformata nel 1933 nell' ente di diritto Istituto nazionale fascista per la previdenza sociale (INFPS, attuale INPS) e arrivò ad impiegare 6.000 dipendenti nel 1937." [18]Vennero inoltre disciplinati istituti di diritto del lavoro quali malattia, maternità ed infortuni. Nel 1939 l' età pensionabile venne abbassata a 55 anni per le donne e 60 anni per gli uomini, venendo anche introdotta le reversibilità della pensione.[19] L'autarchia La politica economica del fascismo fu essenzialmente basata sull'autarchia: la nazione doveva diventare autosufficiente, essenzialmente per poter mantenere la propria indipendenza economica anche nei momenti di crisi. Questa linea divenne più decisa quando la società delle Nazioni come conseguenza della guerra d'Etiopia applicò le sanzioni economiche, vietando il commercio con l'Italia. Il governo fascista spinse, allora, alla produzione dei prodotti autarchici, come ad esempio la Lanital. La battaglia del grano Per raggiungere l'autosufficienza alimentare venne iniziata la battaglia del grano, che prevedeva l'aumento della superficie coltivata e l'utilizzo di tecniche più avanzate. La "battaglia" portò ad un aumento del 50 per cento della produzione cerealicola e le importazioni si ridussero di un terzo. Ciò comportò però una riduzione della produzione di colture ortofrutticole. Le bonifiche In soli tre anni vennero concluse le bonificazioni dell'Agro Pontino, che videro al lavoro migliaia di uomini, soprattutto poveri contadini del centro-nord.[20] Vennero costruite nella nuova fertile pianura 3000 fattorie, da destinarsi, in buona parte, ai contadini che lavorarono alla bonifica. Altre imponenti bonifiche si ebbero nella valle del Po, sulla murgia barese e in Maremma. La riforma Gentile Uno dei primi atti del governo Mussolini fu una radicale riforma scolastica portata avanti dal ministro Giovanni Gentile nel 1923: questa prevedeva un' istruzione classica e un esame ad ogni conclusione di ciclo di studi, mettendo in questo modo sullo stesso piano scuole pubbliche e private. L'analfabetismo ebbe un calo generalizzato, soprattutto l'analfabetismo femminile. La riforma tuttavia non fu mai completata nel senso voluto dal filosofo, ma subì diversi "aggiustamenti successivi". Fra gli scopi fondamentali - in senso fascista - della riforma vi era l'elevazione della scuola dell'obbligo ai 14 anni (per la lotta all'analfabetismo); la preminenza assoluta degli insegnamenti classici, i soli che permettevano l'accesso all'università, una regola che tuttavia subì successivamente modifiche (lo scopo era selezionare un'élite intellettuale per la guida del paese); la realizzazione di una solida istruzione tecnica per tutti coloro i quali invece non avessero avuto le doti per accedere ai gradi superiori d'istruzione (allo scopo di gerarchizzare la società ma anche di preparare meglio i futuri lavoratori). Nel complesso si trattò di una riforma all'insegna del tradizionalismo, della gerarchia e della più rigida meritocrazia. Nel 1939 seguì la riforma Bottai. Accusando la vecchia riforma Gentile di "intellettualismo", Bottai si prefissò di allargare la base d'accesso agli atenei, e propose l'unificazione delle scuole medie (unico provvedimento di questa riforma ad essere sopravvissuto alla catastrofe bellica). La seconda guerra mondiale abortì la riforma Bottai, che rimase in gran parte sulla carta. La politica estera Per approfondire, vedi la voce Impero coloniale italiano. Impero italiano nel 1940In politica estera il Fascismo seguì fino alla nomina agli Esteri di Galeazzo Ciano esclusivamente le direttive mussoliniane, improntate al pragmatismo ed al cinismo, dopodiché si trovò a dover agire - sia per la direzione di Ciano degli Esteri, sia per i minori margini di manovra dati dalla situazione internazionale - in maniera sempre meno autonoma e sempre più ideologica. Mussolini, dopo l'incidente di Corfù del 1923, per un lungo periodo non si discostò dall'obiettivo del mantenimento dello status quo in Europa con una politica prudente e scevra da avventure militari, nonostante la retorica nazionalista. L'Italia mantenne buone relazioni con Francia e Inghilterra, collaborò al ritorno della Germania nel sistema delle potenze europee pur nei limiti del Trattato di Versailles (1919), tentando altresì di estendere la sua influenza verso i Paesi sorti dallo sfacelo dell'Impero austro-ungarico (Austria e Ungheria) e nei Balcani (Albania, Grecia) in funzione anti-jugoslava. L'Italia fu il secondo paese al mondo, dopo la Gran Bretagna,a stabilire nel 1924 relazioni diplomatiche con l'Unione Sovietica. Scopo dichiarato della politica estera fascista, fin dai primissimi atti e discorsi politici di Mussolini, era quello di assicurare "ad un popolo di quaranta milioni di individui" un posto di primo piano sulla scena mondiale. Nel lungo periodo questo significava acquistare all'Italia territori coloniali dove "esportare" la propria eccedenza demografica attraverso la valorizzazione delle colonie esistenti e poi - nel 1935 - con la conquista dell'impero d'Abissinia. Contemporaneamente, la politica a breve periodo previde - fin quando possibile - la revisione dei trattati sottoscritti dall'Italia fra il 1918 e il 1922 che "mutilavano" la vittoria nella grande guerra e che portarono l'Italia ad acquisire Fiume nel 1924 e a garantire Zara nonostante la rinunzia al resto della Dalmazia. Spartiacque della politica estera fascista fu essenzialmente la prima crisi austriaca del 1934, con il tentativo di Hitler di annettere l'Austria dopo aver fatto assassinare il cancelliere austriaco Engelbert Dollfuss (amico personale di Mussolini). In quel frangente l'Italia schierò le proprie divisioni al Brennero, minacciando un'azione militare in difesa dell'alleato austriaco, se la Germania avesse varcato le frontiere. Di fronte a questa crisi - tuttavia - le potenze europee rimasero a guardare, ingenerando in Mussolini la penosa sensazione che in caso di guerra fra Italia e Germania, il nostro paese sarebbe stato lasciato solo. Alle dichiarazioni generiche della conferenza di Stresa dell'aprile 1935, con la quale le tre potenze dell'Intesa dichiaravano che non avrebbero consentito ulteriori violazioni revisioniste da parte della Germania, seguirono infatti accomodamenti anglo-tedeschi (come l'accordo navale del giugno dello stesso anno) che fecero comprendere a Mussolini quanto debole poteva diventare la posizione italiana in caso di guerra europea contro la Germania. Il passo successivo fu dettato dunque dalla convinzione di Mussolini di dover dotare l'Italia di un potente impero coloniale al più presto, come "retrovia" e riserva demografica, industriale, agricola e di materie prime in caso di un nuovo conflitto generalizzato in Europa. Giocoforza, questo impero non poteva che essere cercato in Abissinia, uno dei pochi territori africani ancora indipendente. La guerra d'Abissinia, lungamente ritardata da Mussolini proprio per trovare con inglesi e francesi un accordo diplomatico che smembrasse l'impero di Haile Selassie senza ricorrere all'invasione, portò alla rottura dei cordiali rapporti finora intrattenuti coi vecchi alleati. L'Italia subì delle sanzioni economiche e i suoi rapporti con le nazioni democratiche si incrinarono definitivamente. Frattanto, la deflagrazione della guerra civile spagnola iniziò a polarizzare il mondo in due campi avversi legati non da interessi geopolitici ma ideologici, togliendo all'Italia progressivamente spazio di manovra. La crisi interna del regime negli ultimi anni prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, il logoramento delle forze armate dopo cinque anni di continui impegni militari (Abissinia, Spagna, Albania), l'emergere deciso della Germania come prima potenza militare d'Europa e la sua alleanza con Stalin (Patto Molotov-Ribbentrop, spinsero Mussolini verso una politica doppiogiochista (alleanza dichiarata con la Germania, trattative sotterranee con la Gran Bretagna) che portò l'Italia in guerra. Durante la prima fase del conflitto la politica estera fascista fu sostanzialmente mossa dal tentativo di svilupparsi parallelamente (e spesso ai danni) di quella tedesca: un tentativo destinato a fallire in seguito ai numerosi rovesci militari subiti dalle forze armate italiane su quasi ogni fronte. Si segnala, in questo periodo, la durezza del contegno italiano verso la Francia, sconfitta dai tedeschi, il quale fu fra i principali motivi per i quali questa nazione non si unì decisamente all'Asse. Sempre più prigioniera della propria propaganda, la politica estera fascista fu spinta ad azioni dettate più dalle necessità ideologiche che non da quelle pragmatiche, infilando il paese in una spirale di fallimenti della quale si giovarono tanto gli alleati dell'Asse quanto i nemici. A partire dal 1943, Mussolini cercò continuamente di convincere Hitler della necessità di un accordo con l'Unione Sovietica, per concentrare le forze contro gli angloamericani, mentre, tuttavia, continuavano segretamente i contatti fra il dittatore italiano ed il premier inglese Churchill. Con la caduta del fascismo, l'armistizio di Cassibile e la nascita della RSI cessa ogni quasi del tutto ogni residuo tentativo di politica estera autonoma del Fascismo, eccezion fatta per le pressioni su Hitler per un accomodamento russo-tedesco e gli sporadici contatti fra Mussolini e Churchill. [21] L'Etiopia Per approfondire, vedi la voce guerra d'Etiopia. La campagna militare italiana per la conquista dell'Abissinia fu conseguenza della decisione di Mussolini di fornire all'Italia un'ampia retrovia coloniale dove attingere materie prime, derrate, uomini e fornire altresì uno sbocco all'emigrazione in vista di un prossimo e probabile conflitto generalizzato in Europa. Come visto, infatti, il crollo repentino del Fronte di Stresa in funzione di contenimento della Germania nazista aveva posto Mussolini di fronte alla prospettiva di un isolamento dell'Italia in caso di guerra con i tedeschi per il mantenimento dello status quo in Europa. Questo aveva convinto il dittatore italiano che l'Italia poteva fare una politica autonoma solo a patto di ottenere un'autosufficienza alimentare, industriale e demografica che il solo territorio metropolitano e le colonie fino allora acquisite non potevano garantire.[22] La campagna fu condotta con un imponente dispiegamento di forze e vinta con relativa facilità. Dal punto di vista propagandistico, essa fu il più grande successo del regime fascista, che riuscì a galvanizzare l'intera nazione e perfino molti antifascisti attorno ai leitmotiv del posto al sole, della liberazione degli abissini dalla schiavitù e della rinascita dell'Impero Romano. Come conseguenza dell'aggressione all'Etiopia, l'Italia subì la condanna della Società delle Nazioni, che determinò un blocco commerciale del mar Mediterraneo e le sanzioni economiche condotte da 52 nazioni (fra cui tutte le potenze coloniali europee). Ciò favorì l'avvicinamento economico e politico dell'Italia alla Germania nazista (sebbene questa avesse rifornito di armi l'Etiopia in funzione anti-italiana sino a poco prima del conflitto), che era già uscita dalla Società delle Nazioni e aveva denunciato gli accordi di Versailles. In seguito l'Impero in Africa Orientale fu tuttavia amministrato con pugno di ferro contro le bande di ribelli e lealisti al vecchio governo del Negus, e si preparò una forma di sviluppo separato fra le popolazioni indigene e i nuovi coloni italiani non dissimile dall'apartheid praticato in alcune colonie e dominion britannici come il Sudafrica. In seguito, nei vari tentativi di Mussolini di trovare una nuova intesa con la Gran Bretagna, l'Italia propose di risolvere il cosiddetto "problema ebraico" in Europa e Palestina offrendo ai sionisti un piano embrionale di colonizzazione territori nel Goggiam già abitati da secoli da popolazioni abissine di religione israelita, i falascia, con la creazione di uno "stato" federato all'Impero Italiano in AOI. A quanto risulta il piano restò lettera morta.[23] Crimini attribuiti all'Italia in Abissinia La campagna militare in Abissinia fu condotta dall'Italia senza risparmio di forze e mezzi, e fra questi vi fu anche l'impiego indiscriminato di gas tossici ed altri aggressivi chimici. La giustificazione ufficiale - ovvero come rappresaglia per le continue violazioni abissine della Convenzione di Ginevra (uso di pallottole Dum Dum, atrocità contro i prigionieri etc.) - in realtà servì per mascherare la necessità di Mussolini di ottenere il più rapidamente possibile la vittoria totale. Le forze armate italiane disponevano di un vasto arsenale di granate e bombe da aeroplano caricate a iprite, sostanza che a volte fu anche spruzzata dall'alto come aerosol su combattenti e villaggi. Fu Mussolini in persona ad autorizzare l'impiego di queste armi:[24] Roma, 27 ottobre '35. A S.E. Graziani. Autorizzato gas come ultima ratio per sopraffare resistenza nemico et in caso di contrattacco. Roma, 28 dicembre '35. A S.E. Badoglio. Dati sistemi nemico autorizzo V.E. all'impiego anche su vasta scala di qualunque gas et dei lanciafiamme. Mussolini. [25] Gli ordini impartiti da Mussolini furono molto chiari: Roma, 5 giugno 1936. A S.E. Graziani. Tutti i ribelli fatti prigionieri devono essere passati per le armi. Mussolini. Roma, 8 luglio 1936. A S.E. Graziani. Autorizzo ancora una volta V. E. a iniziare et condurre sistematicamente politica del terrore et dello sterminio contro i ribelli et le popolazioni complici. Senza la legge del taglione ad decuplo non si sana la piaga in tempo utile. Attendo conferma. Mussolini. La parte preponderante dell'opera di repressione fu compiuta dagli Italiani, che oltre alle bombe a iprite, istituirono campi di concentramento, impiantarono forche pubbliche, uccisero gli ostaggi, mutilarono i corpi dei nemici. Molti militari italiani si fecero riprendere dai fotografi accanto ai cadaveri penzolanti dalle forche o accoccolati intorno a ceste piene di teste mozzate. Qualcuno, con "fascistico orgoglio", si mostrò sorridente ai fotografi mentre teneva in mano, per i capelli, uno di questi lugubri trofei.[26] Un episodio dell'occupazione italiana in Etiopia fu la strage di Addis Abeba del febbraio 1937, seguita a un attentato dinamitardo contro Graziani. [27] Verso la guerra Pochi mesi dopo l'Italia fascista si schierò coi franchisti nella guerra civile spagnola, inviando anche un corpo di spedizione di 20.000 uomini ed attuando un blocco navale per impedire rifornimenti di armi ai repubblicani. Già in questa fase si palesarono le deficienze della macchina bellica italiana, sia dal punto di vista tecnologico che di capacità di comando strategiche e tattiche, che si sarebbero acuite paurosamente pochi anni dopo. Lungi dal rafforzare economicamente il paese, queste imprese indebolirono il consenso al regime gettando i primi semi del risentimento popolare, e in politica estera lo allontanarono da Francia e Inghilterra spingendolo ad allinearsi in maniera crescente con la Germania nazista (1936: Asse Roma-Berlino, 1937: Patto Anticomintern comprendente anche l'Impero giapponese; 1938: acquiescenza di Mussolini all'annessione dell'Austria; 1939: Patto d'Acciaio in funzione offensiva). Nel 1938 Mussolini fece promulgare da re Vittorio Emanuele III le leggi razziali antisemite, che non avevano precedenti in Italia e che furono applicate senza entusiasmo. Con la promulgazione di un insieme di provvedimenti legislativi e normativi noto come Provvedimenti per la difesa della razza, secondo autorevoli testimoni quali Galeazzo Ciano redatte in gran parte da Mussolini in persona,[28] il fascismo si dichiarò esplicitamente anche antisemita [29] e, anche se non fu realizzato alcun intento di sterminio fino al 1943 (quando l'Italia venne occupata dall'esercito nazista), gli ebrei furono allontanati dalla vita pubblica, spesso privati del lavoro ed esposti a varie forme di vessazione. Nel marzo 1939, per motivi di prestigio nei confronti della Germania, Mussolini ordinò l'occupazione dell'Albania già saldamente nella sfera d'influenza italiana, ponendovi come governatore (viceré) un fedelissimo del genero Galeazzo Ciano. Nonostante le clausole del Patto d'Acciaio (assistenza automatica in caso di guerra), nel settembre 1939 Mussolini si dichiarò non belligerante, ma nel giugno 1940, contro la volontà di gran parte della corte, degli alti gradi della Regia Marina e dell'Esercito e di alcuni dei maggiori gerarchi fascisti, entrò in guerra contro Francia ed Inghilterra, fidando nella rapida vittoria tedesca. L'impreparazione dell'esercito e l'incapacità dei suoi comandanti condussero a terribili sconfitte su tutti i fronti (Grecia 1940) e alla rapida perdita delle colonie dell'Africa Orientale (1941) e della Libia (1943), creando un indebolimento delle difese che aprì le porte all'invasione della Sicilia. La caduta Il 25 luglio 1943 per iniziativa da parte di alcuni importanti gerarchi (Grandi, Bottai e Ciano) con l'appoggio del Re, si tradusse in un famoso Ordine del giorno presentato al Gran Consiglio del Fascismo col quale si chiedeva al Re di riprendere il potere, e portò all'arresto di Mussolini e all'improvviso crollo del fascismo, che si dissolse tra il giubilo della popolazione italiana, stanca del regime e della guerra, cui sperava potesse essere posta fine in breve tempo. Ma la caduta di Mussolini non preludeva alla conclusione delle guerra, che si protrasse per alcune settimane nella crescente ambiguità del nuovo governo Badoglio che sottoscrisse l'armistizio di Cassibile. Filosofia politica, ideologia e prassi del Fascismo [modifica] Il fascismo nasce come movimento politico filosoficamente a carattere prettamente idealista,[30] anti-ideologico[31] e pragmatico.[32] Storicamente il fascismo si è estrinsecato in una serie di posizioni, di volta in volta supportate da un'ampia e roboante propaganda, apparentemente contraddittorie - se non incoerenti - fra loro. Per tale motivo, nell'analizzare il fenomeno fascismo occorre scindere il fascismo "ideale" da quello "reale" esattamente come si fa per il marxismo, considerando che il modus operandi del fascismo storico fu dettato dalle circostanze tanto quanto dall'ideologia e dalla filosofia, e che a circostanze diverse la medesima ideologia è stata cambiata e piegata dalla filosofia originaria del movimento.[33] Il fascismo come idea [modifica] Il fascismo si percepisce come movimento nazionalista, il cui obiettivo finale è "una più grande Italia".[34] Secondo i pensatori fascisti e lo stesso Mussolini, questo obbiettivo si inquadra in una visione della storia di tipo conflittuale, nella quale società a base più o meno nazionale si incontrano, concorrono fra loro e - se necessario - si scontrano. E - per necessità darwiniana - in questo scontro sopravvivono solo le nazioni compatte al proprio interno, da cui discende la necessità di trovare una sintesi hegeliana della lotta di classe e delle esigenze dello stato, tramite l'obbligo per ciascun cittadino (prestatore d'opera o capitalista) a concorrere ad una concordia nazionale nel nome della produzione (industriale, agricola, bellica, etc., fonte di ricchezza per l'intera comunità nazionale e di potenza per lo Stato). Manifesto fascista del 1924All'origine del movimento vi è l'idea mussoliniana della nascita, nelle trincee della grande guerra e nelle fabbriche della produzione bellica di una nuova aristocrazia dei combattenti (trincerocrazia) e dei lavoratori, che realizzi, appunto, "la sintesi dell'antitesi classe-nazione". « Voi oscuri lavoratori del Dalmine, avete aperto l'orizzonte. È il lavoro che parla in voi, non il dogma idiota o la chiesa intollerante, anche se rossa, è il lavoro che ha consacrato nelle trincee il suo diritto a non essere più fatica, miseria o disperazione, perché deve diventare gioia, orgoglio, creazione, conquista di uomini liberi nella patria libera e grande oltre i confini » (Benito Mussolini, Discorso del Dalmine, 20 marzo 1919, in "Tutti i discorsi - anno 1919") La concordia interna al paese viene sostenuta con argomentazioni organiciste e con l'affermazione metafisica che la Nazione è più della somma dei singoli individui che la abitano, bensì "un organismo comprendente la serie indefinita delle generazioni di cui i singoli sono elementi transeunti". Per la qual cosa, i viventi sono impegnati da un obbligo di riconoscenza verso le generazioni che li hanno preceduti e da un obbligo a lasciare un paese migliore alle generazioni che seguiranno. Manifesto fascista del 1926Cardine fondamentale della filosofia fascista è l'assoluta preminenza dello Stato e tramite questo del partito fascista (che se ne considerava al servizio), in ogni aspetto della vita politica e sociale. In questo senso il fascismo si pone come un movimento politico di stampo neohegeliano propugnando lo stato etico. Organicismo e stato etico hanno come conclusione logica la proclamazione del totalitarismo, nel IV Congresso del PNF (1925) per voce dello stesso Mussolini. Lo Stato totalitario avoca a sé tutte le prerogative e i diritti e pervade in maniera "totalitaria", appunto, le esistenze dei suoi cittadini. La concezione fascista dell'uomo prevede la negazione del cosiddetto homo economicus, visione che gli ideologi fascisti sostengono accomuni liberalismo e marxismo, per proporre una visione differente. « Noi abbiamo respinto la teoria dell'uomo economico, la teoria liberale, e ci siamo inalberati tutte le volte che abbiamo sentito dire che il lavoro è una merce. L'uomo economico non esiste, esiste l'uomo integrale che è politico, che è economico, che è religioso, che è santo, che è guerriero. » (Benito Mussolini, Discorso del 14 novembre 1933, in "Tutti i discorsi - anno 1933") Il fascismo è filosoficamente debitore di due opposte e differenti correnti di pensiero ottocentesche: da un lato vi è una corrente che si potrebbe definire "di sinistra", che si pretende ispirata a personaggi come Sorel, Proudhon, Corridoni e ai Futuristi, che propugnavano la rivoluzione, il sindacalismo combattente, l'ascesa della violenza come irrazionale ma decisiva soluzione ai problemi e alle aporie della logica e della democrazia liberale.[35] Dall'altro lato si riallaccia a correnti di pensiero ultraconservatrici, che risalgono al XIX secolo, in generale contraddistinte dalla critica contro il materialismo e l'idea di progresso delle società capitaliste borghesi, ritenute distruttrici dei valori più profondi della civiltà europea. Tali scuole di pensiero tendono a rievocare un'idea romantica, di una mitica società premoderna, armonica e ordinata, nella quale i diversi ceti della società, ciascuno nel suo ambito, collaborano per il bene comune. Da questo promana la critica alla democrazia liberale e alla società di massa "che avvilisce l'uomo" (il numero contro la qualità), fino a giungere a pensatori che sul finire del XIX secolo e l'inizio del XX secolo ritenevano esaurita la funzione della civiltà occidentale (in particolare Oswald Spengler, autore del famoso saggio Il tramonto dell'Occidente). Infine, non meno importante, soprattutto in Mussolini, è l'influenza del pensiero di Nietzsche, che - sebbene sommamente impolitico - permea continuamente il modus cogitandi del capo del fascismo.[36] Il fascismo come ideologia [modifica] Sebbene il fascismo, come si è visto, si proclamasse anti-ideologico una "ideologia" del fascismo fu elaborata negli anni venti e successivamente stilata in un articolo scritto da Giovanni Gentile durante il suo incarico di ministro dell'Istruzione e poi siglato da Mussolini, che però venne applicata solo in parte. In particolare essa non fu mai rigidamente codificata, sebbene abbondassero durante tutto il ventennio le "volgarizzazioni" e i "catechismi", che ebbero più che altro funzione propagandistica verso il popolo minuto. In pratica, però, nell'elite dirigente e intellettuale del Regime si dibatté aspramente sui vari indirizzi da dare alla politica italiana, e il fascismo oscillò spesso fra posizioni diversissime e - apparentemente - contraddittorie.[37] Fra gli aspetti ideologici del fascismo che occorre citare, vi sono i seguenti [38] Il culto di Roma - Il fascismo si propone come ideale rinnovatore dei fasti di Roma antica. Il culto della giovinezza - Il fascismo si considerava innanzitutto una rivoluzione generazionale. Mussolini è stato il più giovane primo ministro dell'Italia unita e attraverso il Futurismo il fascismo ha assorbito il mito della gioventù. Il culto della violenza - Nascendo dagli arditi e dai futuristi e dal sindacalismo rivoluzionario di Sorel il fascismo fa suo ed esalta il culto della violenza. Il "principio del capo" - Anche questo mediato dagli arditi, prevede una concezione gerarchica e piramidale del mondo. Viene dunque esaltata l'obbedienza, anche cieca, irrazionale e totale[39] Il corporativismo, inteso come superamento sindacal-organicista del socialismo e del liberalismo. In particolare quest'ultimo addentellato divenne sempre più importante nel fascismo a partire dalla grande crisi del 1929, tanto da poter essere considerato più un aspetto genetico del fascismo che non semplicemente ideologico. Il fascismo opposto alla democrazia [modifica] La prima critica che il fascismo fa alla democrazia è il paradosso insito in se stessa, ovvero se la maggioranza delle persone desiderasse un governo antidemocratico, la democrazia cesserebbe di esistere. Tuttavia se si opponesse cesserebbe di essere democrazia in quanto andrebbe contro alla volontà della maggioranza. Quindi si sostiene che in pratica la democrazia non può esistere, è solo una teoria utopica.[citazione necessaria] Questo discorso non vale per i regimi fascisti veri e propri, in quanto fondamentalmente il fascismo rifiuta la democrazia, proprio in virtù delle consapevolezze sopra espresse. Anche per questo motivo generalmente i fascisti non vedono un modello fascista nelle dittature classiche di destra.[citazione necessaria] Il fascismo quindi non si considera una "crociana" esigenza temporanea, ma un sistema politico a se stante a tutti gli effetti. La "Terza via" contrapposta tanto alla destra reazionaria quanto alla sinistra marxista. « Nessuno vorrà gabellare per "rivoluzionario" il complesso dei fenomeni sociali che si svolgono sotto i nostri occhi. Non è una rivoluzione quella che si attua, ma è la corsa all'abisso, al caos, alla completa dissoluzione sociale. Io sono reazionario e rivoluzionario, a seconda delle circostanze. Farei meglio a dire -se mi permettete questo termine chimico- che sono un reagente. Se il carro precipita, credo di far bene se cerco di fermarlo; se il popolo corre verso un abisso, non sono reazionario se lo fermo, anche con la violenza. Ma sono certamente rivoluzionario quando vado contro ogni superata rigidezza conservatrice o contro ogni sopraffazione libertaria. I peggiori reazionari in questo momento sono, per il Fascismo e per la storia, coloro che si dicono rivoluzionari, mentre i Fascisti, tacciati cretinamente di "reazionari", sono in realtà, coloro che eviteranno all'Italia la terribile fase di un'autentica reazione. Chiunque in Italia abbia il coraggio di fronteggiare le degenerazioni della sovversione e non, corre il pericolo di essere bollato come reazionario; ma poiché tali degenerazioni esistono e poiché il coraggio di fronteggiarle lo abbiamo dimostrato seminando anche di nostri morti le piazze d'Italia, noi abbiamo la spregiudicata disinvoltura di sorridere se ci chiamano reazionari. Io non ho paura delle parole. Se domani fosse necessario, mi proclamerei il principe dei reazionari. Per me tutte queste terminologie di destra, di sinistra, di conservatori, di aristocrazia o democrazia, sono vacue terminologie scolastiche. Servono per distinguerci qualche volta o per confonderci, spesso » (Benito Mussolini, dal discorso tenuto al senato il 27 novembre 1922[40]) Il fascismo sostiene che le "autoproclamatesi" democrazie siano in realtà effettivamente partitocrazie[citazione necessaria] plutocratiche, cioè l' opposto rispetto al significato letterale di "democrazia". « Il fascismo è un metodo, non un fine; una autocrazia sulla via della democrazia » (Benito Mussolini, dall' intervista concessa all' inviato del Sunday Pictorial di Londra il 12 novembre 1926[41]) Questa considerazione viene da un aspetto dell'origine del fascismo, che è riassunta nel famoso discorso di Benito Mussolini nella frase « "Noi ci permettiamo di essere aristocratici e democratici, conservatori e progressisti, reazionari e rivoluzionari, reazionari e rivoluzionari, legalisti e illegalisti, a seconda delle circostanze di tempo, di luogo e di ambiente" » Per l' autore il significato era il superamento del sistema partitocratico nella consapevolezza che per i problemi di una nazione non esistono soluzioni valide una quanto l' altra a seconda dei punti di vista (o meglio del punto di vista del partito a cui si appartiene) ma una soltanto migliore su tutte. Ed il fascismo secondo il suo fondatore avrebbe dovuto rappresentare una forma di governo al di sopra delle divergenti opinioni dei partiti. Questo certamente contrasta con l' esistenza stessa del Partito nazionale fascista. Tuttavia come si legge nel paragrafo seguente, il fascismo sussistito nell' Italia del ventennio fu molto diverso da quello inizialmente prefigurato da Mussolini.[42] In uno stato come l' Italia i poteri erano, allora come oggi, molti e diversificati, il che impediva un accentramento del potere in una sola persona.[43] Il fascismo "reale" [modifica] Benito Mussolini durante un discorsoPochi punti fermi dell'ideologia fascista furono sempre rispettati, cambiando di volta in volta la politica contingente, attraverso una visione pragmatica quando non cinica: fra essi, il principio di "una più grande Italia"; il principio del "primato del Duce"; il principio dei "doveri dell'uomo". Tutto il resto, dalla politica economica (di volta in volta liberista nel suo primo periodo, statalista dopo la crisi del 1929, infine socializzatrice durante il periodo repubblicano) a quella estera (con le alleanze oscillanti, l'anticomunismo accompagnato dal riconoscimento dell'URSS), a quella militare (militarismo per le masse, accompagnato da una progressiva riduzione delle spese per le Forze Armate[44]), fu di volta in volta determinato dalle direttive mussoliniane. Il fascismo visse infatti soprattutto della volontà di Mussolini e si limitò a seguire alcuni principi di massima da lui indicati di volta in volta. Inoltre questo portò ad alimentare il culto della personalità, adoperando i mezzi di comunicazione di massa per trasmettere un ideale di uomo forte, deciso e risoluto: un fenomeno che ha preso il nome di "mussolinismo". « Il mussolinismo è (...) un risultato assai più grave del fascismo stesso perché ha confermato nel popolo l'abito cortigiano, lo scarso senso della propria responsabilità, il vezzo di attendere dal duce, dal domatore, dal deus ex machina la propria salvezza. » (Piero Gobetti, "La rivoluzione liberale") Ulteriori sviluppi filosofici ed ideologici [modifica] Nel corso della sua attività venticinquennale il fascismo sviluppò una serie di temi filosofici o ideologici che in origine non erano presenti (o lo erano solo in maniera embrionale). Razzismo e antisemitismo [modifica] Alla fine degli anni trenta il fascismo iniziò ad elaborare una serie di teorie razziste ed antisemite, in parte ad imitazione di ciò che stava avvenendo parallelamente in Germania. In seguito ad una feroce campagna di stampa (in parte pagata segretamente da agenti tedeschi incaricati da Goebbels)[45] si giunse ad approvare in fasi successive delle leggi discriminatorie nei confronti degli ebrei e delle popolazioni non indoeuropee delle colonie. In queste ultime si puntò alla realizzazione di una sorta di sviluppo separato (apartheid) del genere praticato in quel periodo già in alcune colonie britanniche e negli stati del sud degli Stati Uniti. In seguito i provvedimenti discriminatori[46] si estesero anche ai cittadini italiani e libici di religione israelita, con un progressivo allontanamento della maggioranza di essi dalla vita pubblica italiana. Per approfondire, vedi le voci Razzismo, Leggi razziali fasciste e Fascismo e questione ebraica. Venne anche promulgato un Manifesto della razza, nella stesura del quale oltre a nomi dell'accademia italiana vi era anche la mano di Mussolini. Nel 1938 Benito Mussolini espose il suo pensiero circa la questione razziale in questa maniera: « Questo principio razzista introdotto per la prima volta nella storia del popolo italiano è di un'importanza incalcolabile, perché anche qui eravamo di fronte ad un complesso di inferiorità. Anche qui ci eravamo convinti di non essere un popolo, ma un miscuglio di razze per cui c'era motivo di dire, negli Stati Uniti: “Ci sono due razze in Italia: quella della valle del Po, e quella meridionale.” Queste discriminazioni si facevano nei certificati, negli attestati, ecc. Bisogna mettersi in mente che noi non siamo camiti, che non siamo semiti, che non siamo mongoli. E, allora, se non siamo nessuna di queste razze, siamo evidente­mente ariani e siamo venuti dalle Alpi, dal nord. Quindi siamo ariani di tipo mediterraneo, puri.(...). » (Benito Mussolini, "Tutti i discorsi - anno 1938") Mussolini, in merito all'insorgere di una questione ebraica per il fascismo, poi, così proseguiva: « Il problema di carattere generale lo si pone in queste linee: che l'ebreo è il popolo più razziale dell'universo. È meraviglioso come si mantengano puri nel corso dei secoli, poiché la religione coincide con la razza e la razza con la religione (...) Non vi è dubbio che l'ebraismo mondiale è stato contro il fascismo; non vi è dubbio che durante le sanzioni tutte le manovre furono tracciate dagli ebrei; non vi è dubbio che nel 1924 i manifesti antifascisti erano costellati di nomi di ebrei (...) E a tutti coloro che hanno il cuore dolce - troppo dolce - e si commuovono occorre domandare: "Signori, quale sarebbe stata la sorte di 70.000 cristiani in una tribù di 44 milioni di ebrei?". » (Benito Mussolini, "Tutti i discorsi - anno 1938") Il razzismo fascista prese varie forme, nel tentativo di distinguersi da quello nazista[47] , e in esso convissero sia la convinzione del razzismo biologico che quella del razzismo spirituale[48], invece generalmente assente nei razzismi nazista e in quelli di altri paesi. Un importante contributo all'antisemitismo fascista venne anche da taluni ambienti cattolici, sebbene il Vaticano non abbia mai né approvato, né appoggiato ufficialmente i provvedimenti antisemiti. Nessun documento proverebbe invece pressioni ufficiali e dirette da parte tedesca[49] durante la genesi dei provvedimenti razziali. A differenza degli altri razzismi del suo tempo, quello fascista è solo tangente alle politiche eugenetiche condotte dal regime, che erano fondamentalmente razziste nella Germania nazista e invece assenti nei razzismi coloniali e post-schiavisti rispettivamente britannico e statunitense. Infatti sebbene i provvedimenti per la difesa della razza prevedessero l'apartheid degli ebrei e dei non-indoeuropei rispetto agli italiani ariani, tutte le provvigioni e le iniziative a carattere eugenetico (ginnastica, colonie per l'infanzia, sanatori, Opera Maternità e Infanzia etc.) proposte e imposte dal regime continuarono ad applicarsi anche ai sudditi di cittadinanza libica e a quelli dell'AOI, almeno fino al 1942[50]. L'idea di Impero (neoghibellinismo) [modifica] Il continuo ritorno ad un'idea di romanità portò come logica conseguenza l'affermarsi di teorie filosofiche neo-ghibelline, ovvero propugnanti la ricostituzione di un Sacro Romano Impero che si ricongiungesse in qualche misura con una mistica tradizione ancestrale, e alla fine proponesse il superamento del fascismo in una forma di nuovo imperialismo spirituale e supernazionale, a carattere essenzialmente anticristiano. Alfiere di queste tesi fu Julius Evola, il quale rimase tuttavia alquanto isolato nell'ambito del dibattito culturale e filosofico fascista, dominato invece da logiche nazionaliste e da forti correnti cattoliche che poco spazio intendevano lasciare al cosiddetto imperialismo pagano propugnato dal filosofo. Questa idea trovò in seguito sponda e nuovi argomenti in alcuni ambienti nazionalsocialisti e si diffuse soprattutto nel dopoguerra fra i movimenti neofascisti e tradizionalisti. Secondo la teoria di Julius Evola, il fascismo si configurerebbe come una delle tante manifestazioni storiche del concetto più ampio di Tradizione, ovvero di una società basata sui valori di gerarchia, militarismo e misticismo. In quest'ottica diverrebbero forme di Fascismo in senso lato le più disparate esperienze storiche: da Sparta e Roma alle società celtiche, nordiche e germaniche, al Sacro Romano Impero[51]. La creazione dell'uomo nuovo [modifica] Fin dal suo inizio il fascismo sentì il bisogno di farsi interprete del famoso adagio "Fatta l'Italia occorre ora fare gli italiani". Fin nel suo inno, Giovinezza[52] si canta degli italiani "ricreati" « Dell'Italia nei confini furon fatti gli italiani, li ha rifatti Mussolini per la guerra di domani (...) » A questa esigenza storica nel pensiero fascista si aggiunge il superomismo nietzeschiano, così come si era diffuso nella cultura europea a cavallo fra otto e novecento, con le sue contraddizioni, volgarizzazioni ed equivoci. Il progetto fascista - anche questo mai davvero codificato rigidamente - si basava su un aspetto mitico (quello del superuomo) e un aspetto pratico (quello di portare il popolo italiano ad uno standard qualitativo ritenuto superiore). Per questo secondo aspetto, di volta in volta il fascismo individuò alcuni modelli, il primissimo del quale, per ovvi motivi cronologici e ideologici, fu il trincerista, l'uomo proveniente dal fronte della grande guerra, esaltato da Mussolini come prototipo di una nuova realtà ideale - ma anche biologica - del popolo italiano. In un secondo momento si aggiunse e sovrappose al primo quello del popolano, in particolare il popolano trasteverino.[53] L'uomo nuovo immaginato dai pensatori fascisti era essenzialmente un modello anti-borghese: giovanile, vigoroso, rude, pragmatico, strafottente, disciplinato. Legato alla tradizione e contemporaneamente proiettato nell'epoca della macchina. Un misto di legionario e colono romano e di aviatore futurista. Il fascismo si propose di realizzare la mutazione antropologica del popolo italiano in questa direzione attraverso un'educazione intellettuale - basata sull'esposizione continua di modelli storici e mitologici che fossero di esempio (Balilla, Cincinnato, Muzio Scevola, Ettore Fieramosca, Cesare Battisti etc.) e un assiduo martellamento propagandistico a base di slogan eroici (Osare, durare, vincere; noi ce ne freghiamo e tireremo diritti). Fisicamente si intendeva riformare eugeneticamente il popolo, spingendolo (e costringendolo) ad una vita sportiva e spartana, nella quale la figura e l'esempio del Duce - così come veniva rappresentato dalla propaganda - doveva essere considerato come l'obbiettivo finale di ciascun italiano e fascista. In questo quadro si inseriscono le - talvolta maldestre - campagne volute da Achille Starace, quale l'abolizione della stretta di mano, il sabato fascista, le esibizioni ginniche cui erano obbligati a partecipare i membri del partito, con "gare di ardimento". E anche in questo senso và inserito uno dei motivi scatenanti del razzismo fascista, secondo l'intenzione mussoliniana di sferrare un cazzotto allo stomaco del popolo italiano per costringerlo ad assumere l'atteggiamento e la volontà di "razza padrona".[54] In sostanza il fascismo tentò - senza alcun successo - di "raffinare" il popolo italiano di quegli aspetti che secondo la propria filosofia erano negativi, raffinando e facendo trionfare invece quelle che erano ritenute - sempre secondo il punto di vista fascista - virtù italiane. François Furet riscontra un'affinità - mutatis mutandis - con il bolscevismo: "Le passioni suscitate dal militante fascista non sono le stesse che invoca il bolscevismo, ma sono della stessa natura. Al posto dell'uguaglianza sociale c'è la patria reinventata come un'utopia comunitaria... Quanto ai mezzi, quelli consigliati o adoperati dal movimento fascista sono già presenti nell'arsenale bolscevico: se servono alla causa, sono tutti buoni"[55]. Il mito del Sangue contro l'Oro [modifica] Originariamente nato come slogan propagandistico per giustificare l'inferiorità di mezzi italiana rispetto a quella dei suoi nemici sui fronti della seconda guerra mondiale, questa parola d'ordine acquisterà via via sempre più importanza nell'immaginario collettivo dei fascisti, colorandosi anche di antisemitismo. Grande diffusione a questa parola d'ordine verrà con la canzone Battaglioni M di Auro d'Alba e M. Pellegrino del 1942, che recita « contro Giuda, contro l'oro sarà il sangue a far la storia » dove per "giuda" si intende tanto il traditore per eccellenza (già in alcuni ambienti fascisti si sentiva "puzza di tradimento" e di sabotaggio dello sforzo bellico italiano)[56] quanto l'israelita, identificato dalla propaganda razzista come fonte d'ogni male e corruttore - tramite appunto l'oro, le mollezze, e le blandizie - di una sana, spartana e virile razza italiana.[57] Da "parola d'ordine" a pilastro ideologico del fascismo nel suo legame con l'Asse, il mito del "Sangue contro l'Oro" sarà uno dei principali deragliamenti dell'originaria linea fascista - pragmatica, anti-ideologica ed idealista - nel regno di una visione del tutto ideologica, e pertanto necessariamente avulsa dalla realtà, del mondo. L'oro diventa infatti simbolo della prevalenza delle armi alleate su quelle dell'Asse sui fronti bellici, tanto perché con esso si comprano i mezzi con cui le truppe italotedesche venivano ributtate indietro a partire dalla fine del 1942, quanto perché con esso si compravano i traditori che "pugnalavano alla schiena" lo sforzo bellico dell'Asse. In questo senso assume le coloriture di una giustificazione della disfatta, causata - appunto - non dagli errori dei capi dell'Asse o dal valore del nemico ma da una "sleale" preponderanza di mezzi materiali, che sono riusciti a schiacciare la "superiorità spirituale" dei popoli dell'Asse. Con la sconfitta del maggio 1945 il mito del "sangue contro l'oro" sarà fra i principali leitmotiv consolatori dei reduci fascisti e porterà ad una serie di ricostruzioni storiche ex post basate su una dicotomia manichea fra "nazioni proletarie e povere dell'Asse" - forti solo dei loro buoni diritti e dell'eroismo delle loro truppe - contro le "nazioni plutocratiche, giudaiche e comuniste" - che invece trionfano grazie all'inganno, al tradimento, alla superiorità numerica e, soprattutto, all'oro con cui avrebbero "comprato" in varie misure la vittoria finale. Queste tesi si sposano poi con la convinzione che le nazioni dell'Asse fossero portatrici di valori spirituali ("il sangue") alieni a quelle Alleate, invece rappresentanti di un mondo materialista, capitalista e\o marxista ("l'oro"). Essendo quindi il capitalismo finanziario e speculativo visto come massimamente dominato da elementi ebraici (il "grande capitale giudaico") e il marxismo-leninismo un'ideologia concepita e sviluppata da pensatori di origine ebraica (Carlo Marx, Lev Trotsky, Rosa Luxemburg), il tutto veniva ad essere interpretato in chiave antisemita, come uno sforzo del "complotto mondiale giudaico" contro "l'Europa Ariana". L'Era fascista [modifica] La volontà del fascismo di incidere in maniera decisiva nella storia si manifestò con l'istituzione della cosiddetta Era fascista, ossia una particolare numerazione degli anni che faceva riferimento al giorno successivo alla Marcia su Roma. Il primo anno dell'Era fascista comincia quindi il 29 ottobre 1922 e termina il 28 ottobre 1923. Il riferimento diretto era alla Rivoluzione francese[58]. Il calendario in uso rimaneva quello gregoriano, mentre venivano indicati in maniera diversa solo gli anni. In genere veniva adottata una doppia numerazione: in cifre arabe l'anno secondo l'Era cristiana e in cifre romane quello secondo l'Era fascista. L'Era fascista fu istituita il 25 dicembre 1926 e l'uso diventò obbligatorio negli atti pubblici dal 29 ottobre 1927 (primo giorno dell'anno VI dell'Era fascista). L'Era fascista rimase in vigore durante tutto il governo Mussolini e, nella Repubblica sociale italiana, fino all'aprile del 1945. Durante il periodo di maggiore consenso del regime, si nota l'uso della datazione fascista anche nella corrispondenza personale e in alcuni portali di private abitazioni, al posto dell'abituale datazione che si usava, all'epoca, per indicare l'anno di completamento dell'edificio. Il termine "fascismo" nel mondo [modifica] Il punto di vista anglo-americano [modifica] Nei paesi anglofoni il termine è tradotto con Fascism. Questo termine viene usato: per definire propriamente il regime fascista italiano (solo in ambito storiografico-accademico) per definire i regimi autoritari di destra sorti ad imitazione del fascismo italiano (nazismo, franchismo etc.) genericamente ogni regime di tipo militarista, conservatore o reazionario, con accezione spregiativa sempre con accezione di epiteto, come sinonimo di "prepotente" Nel corso della seconda guerra mondiale, la propaganda alleata tendeva ad utilizzare indistintamente il termine fascist per definire tutti paesi dell'Asse. L'intellettuale Noam Chomsky parla di regimi "sub-fascisti" per indicare regimi militari quali quello di Pinochet od altri dittatori del Sudamerica, privi di qualsiasi contatto ideologico o ideale col fascismo se non l'avversione al comunismo. Il punto di vista marxista e socialista [modifica] Presso gli intellettuali, i politici e gli storici di sinistra (ma spesso anche genericamente antifascisti), il termine "fascista" è talvolta usato per indicare qualsiasi regime autoritario di destra, specie quelli alleati dell'asse durante la seconda guerra mondiale, come il regime militarista giapponese o il franchismo spagnolo, o più spesso i loro seguaci. Addirittura, per alcuni anni, Stalin e la III Internazionale definirono i socialdemocratici come "socialfascisti" (una posizione abbandonata nel 1935). Dal punto di vista di molte scuole interpretative marxiste, tuttavia, il fascismo in senso stretto è quello dell'Italia e della Germania: un "regime reazionario di massa" secondo la definizione di Palmiro Togliatti, accettata anche dal trotskismo internazionale e in qualche modo vicina alla definizione gramsciana di "rivoluzione passiva". In generale, il termine è tuttora usato presso l'area culturale marxista o post-marxista come epiteto dispregiativo nei confronti della destra. Un caso recente è stato quello del premier venezuelano Chávez, che ha descritto il primo ministro spagnolo Aznar come "un fascista"[59]. Le derivazioni del caso italiano [modifica] Quando in Italia il partito fascista giunse al potere, nel resto dell'Europa (comprese Francia e Regno Unito) e del mondo non si guardò ad esso con sfavore, soprattutto per il suo impegno come argine al bolscevismo sovietico e l'eversione. In seguito, durante il periodo di massimo splendore del regime, fra 1925 e 1935, il miglioramento dell'immagine dell'Italia nel mondo portò perfino diverse personalità del pensiero democratico (fra cui Winston Churchill e il Mahatma Gandhi) a esprimere simpatia per Mussolini ed il suo regime. D'altro canto l'esperienza fascista non mancò di provocare in Europa (e non solo) movimenti fascisti e filofascisti di emulazione, per lo più ideologica ed di immagine. Nella maggioranza di questi casi, infatti, la somiglianza col fascismo italiano è solo epidermica, legata a certi stilemi (saluto romano, colore scuro delle camicie, manifestazioni di massa etc.), al culto del capo e della violenza, e ad un feroce anticomunismo. In pochi casi si verificarono anche "gemellaggi" con la dottrina sociale, filosofica e politica vera e propria. Il più famoso dei movimenti para-fascisti fu il NSDAP (NationalSozialistische Deutsche ArbeiterPartei-partito nazionalsocialista tedesco dei lavoratori) di Adolf Hitler. Seppure il suo capo avesse una genuina venerazione per Mussolini e qualche punto in comune con l'ideologia fascista, soprattutto l'anticomunismo, il nazionalismo e il culto della rivoluzione, all'inizio non aveva attratto particolari simpatie presso gli uomini del fascismo italiano; lo stesso Mussolini definì il Mein Kampf "un testo illeggibile".[60], mentre i giornali italiani espressero verso il nazismo (all'indomani della Notte dei lunghi coltelli) apprezzamenti del tipo "criminali e pederasti" all'indirizzo della dirigenza nazionalsocialista[61]. Successivamente la necessità per Mussolini di consolidare l'alleanza con la Germania - particolarmente invisa al popolo italiano - fu avviata una martellante campagna propagandistica tesa ad evidenziare le similitudini fra i due regimi. Tuttavia, quando fu chiaro che nell'Asse Roma-Berlino l'Italia non sarebbe stato il "socio di maggioranza", nacque più o meno spontaneamente all'interno del fascismo anche una forte corrente culturale intenta a rivendicare differenze o primazie culturali ed ideologiche al di là della "comunanza d'interessi". Nel resto d'Europa, come già detto, furono molti i movimenti fascisti e filofascisti che si svilupparono e, soprattutto nell'Europa orientale, salirono anche al potere. Austria In Austria ci fu il "Fronte Patriottico", fondato da Engelbert Dollfuss, che salì al potere nel 1932; nel 1933 sciolse gli altri partiti e ne fece arrestare i deputati instaurando un breve regime conservatore e autoritario. Il regime austriaco, apertamente nazionalista e vicino ad alcune posizioni tipiche dei fascisti, stipulò con l'Italia un patto di alleanza. Tuttavia fu contrario all'Anschluss e decisamente antinazista. Nel 1934 Engelbert Dollfuss fu ucciso durante un tentativo di colpo di stato da parte di nazisti austriaci. La politica di Dollfuss fu portata avanti ancora dal suo collaboratore Kurt von Schuschnigg fino all'annessione (1938) dell'Austria al Terzo Reich. Questo forma di autoritarismo è stata da alcuni storici definita Austrofascismo. Tuttavia vi sono storici che ritengono non sia possibile parlare di fascismo in merito al regime di Dollfuss, definendolo invece come una dittatura "clerico-conservatrice" o "semi-fascista".[62] Altri parlano di regime autoritario costituente "un compromesso tra il cattolicesimo politico e il fascismo della Heimwehr",[63] Bulgaria In Bulgaria, dove il re Boris III nel 1934 stabilì un regime autoritario apartitico volto ad evitare il coinvolgimento delle masse nella politica, l'attivismo fascista rimase fenomeno di minor rilievo. Grecia In Grecia salì al potere il generale Joannis Metaxas che, abolite le libertà politiche e diversi articoli della Costituzione, sospese il Parlamento a tempo indeterminato ed instaurò un regime dittatoriale largamente modellato sul fascismo italiano, caratterizzato dalla profonda avversione al comunismo, dalla forte censura, dal militarismo, dal culto della personalità e dal forte nazionalismo. Consapevole del pericolo portato all'indipendenza greca dalla strategia mussoliniana che mirava a fare del Mediterraneo un "lago italiano", tuttavia, Metaxas rimase discosto dall'Asse in politica estera, restando piuttosto prossimo alla Gran Bretagna (vista come unica Potenza in grado di contrastare i disegni egemonici italiani nell'area) e mantenendo la neutralità allo scoppio delle seconda guerra mondiale. Romania In Romania, per difendere il paese dal comunismo, fu fondata una milizia nota come le "Guardie di ferro", di cui era comandante Corneliu Zelea Codreanu, che aiutò il re Carol ad instaurare una dittatura. Nel 1940 il paese passò sotto il controllo di Ion Antonescu il quale, sostituito Carol col figlio Michele, si dichiarò Conducator, cioè "duce", ed entrò nell'Asse. Ungheria In Ungheria, l'ammiraglio Horthy guidò la controrivoluzione (il partito comunista aveva preso il potere nel marzo del 1919) schierandosi con le Potenze dell'Asse. Nel 1944 fu estromesso dalla rivoluzione delle Croci frecciate, partito nazionalsocialista e apertamente filonazista. Spagna In Spagna dopo la lunga guerra civile (1936-1939), Francisco Franco e il partito Falange spagnola, apertamente fascista, fondarono un regime cattolico e tradizionalista durato sino al 1975. Quando era ancora in vita, il Caudillo nominò Juan Carlos I di Borbone suo legittimo erede alla guida della Spagna, e questi condusse il suo paese verso un ritorno alla democrazia in maniera graduale e pressoché indolore. Portogallo In Portogallo, a partire dal 1932, sulla scia della dittatura militare instaurata pochi anni prima dal generale Carmona, il primo ministro António de Oliveira Salazar in breve tempo creò un regime che, ispirato ai principi del fascismo di matrice italiana, attraversò indenne la seconda guerra mondiale. La dittatura cessò nel 1974, nel corso della cosiddetta "Rivoluzione dei Garofani". Altri paesi Anche in altri paesi erano presenti dei movimenti fascisti: in Gran Bretagna le Camicie Nere di Oswald Mosley, in Francia le Croci di Fuoco, in Belgio il Rexismo. La Repubblica Sociale Italiana (R.S.I.) [modifica] Per approfondire, vedi la voce Repubblica Sociale Italiana. dopo la caduta del regime il 25 luglio 1943 il fascismo si riorganizzò grazie all'occupazione tedesca di gran parte del paese in seguito all'armistizio di Cassibile. La rinascita di uno stato fascista nel centro-nord Italia assunse caratteri di discontinuità col vecchio regime, tali che alcuni autori hanno addirittura inteso separare radicalmente il fascismo del Ventennio da quello repubblicano. Ideologicamente la Repubblica Sociale Italiana nacque dal Congresso di Verona, dove esponenti partito fascista - particolarmente di estrazione ex squadristica - si riunirono per ricreare il partito messo fuori legge dopo il 26 luglio 1943. Essenzialmente dal congresso uscirono: un Tribunale straordinario speciale per processare i gerarchi che il 25 luglio si erano schierati contro Mussolini; un manifesto programmatico che sancì la struttura del nuovo stato; la nascita della Repubblica sociale che prevedeva la convocazione di una Assemblea Costituente e riaffermava l'alleanza con la Germania nazista. La Repubblica si fondò sui principi della Carta di Verona riaffermando allo stesso tempo i principi iniziali del Fascismo repubblicano persi, a detta degli estensori della Carta stessa, durante il ventennio fascista; tra questi primeggiava, per originalità, una politica economica tendente alla socializzazione delle fabbriche. Un segno i particolare discontinuità col Fascismo del ventennio fu invece l'affermazione nei punti di Verona di una componente antisemita, sotto forma di dichiarazione di decaduta cittadinanza italiana per gli ebrei, considerati "di nazionalità nemica per la durata della guerra". La Repubblica Sociale si dotò anche di Forze Armate, spesso male armate ed equipaggiate, composte da forti nuclei di volontari (che assommarono al 20-30% dell'organico totale) ma anche un gran numero di coscritti, il cui richiamo coi vari bandi (pena di morte per i renitenti) provocò un forte fenomeno di "imboscamento" che fornì non poche leve al ribellismo e ai partigiani. Il dibattito interno alla dirigenza fascista repubblicana fra un esercito di soli volontari (Mussolini, Borghese, Pavolini) e un esercito di coscritti (Graziani) fu uno dei principali motivi di discussione nell'ambito della gerarchia fascista repubblicana e provocò non pochi problemi al funzionamento delle Forze Armate. Le Forze armate repubblicane tuttavia non godettero mai la fiducia dei comandi tedeschi e di Hitler, mentre i diversi ambienti politici del Reich le vedevano come una possibile minaccia ai loro obbiettivi di "satellizzazione" o addirittura di mutilazione dell'Italia in caso di vittoria dell'Asse. Nonostante ogni pressione da parte del governo repubblicano e le prove relativamente buone date in ogni (sporadico) impiego ai fronti,tali esse furono usate principalmente per contrastare il crescente movimento di resistenza che si stava sviluppando nelle regioni d'Italia occupate dall'esercito tedesco o sotto il controllo repubblicano. Caratteristiche salienti del fascismo repubblicano [modifica] Il fascismo repubblicano si contraddistinse da quello del ventennio per una grande influenza degli ambienti squadristi, immediatamente accantonati da Mussolini dopo la Marcia su Roma. I vecchi squadristi, per lo più viaggianti oltre la quarantina, e che erano rimasti per venti anni relegati ad incarichi di secondo piano, tornarono alla ribalta, prendendo l'iniziativa ed organizzandosi spesso prima della proclamazione della Repubblica il 27 settembre 1943. Altra caratteristica del fascismo repubblicano fu la presenza di una forte componente volontaria, che addirittura precedette la fondazione della repubblica stessa[64], nelle proprie formazioni sia militari sia civili. Questo sforzo si lega al recupero della tradizione "movimentista" del primo fascismo, che aiutò la RSI a mobilitare alcune centinaia di migliaia di italiani, in gran parte giovanissimi (anche minorenni). La maggioranza della popolazione si mantenne tuttavia in atteggiamento di indifferenza e freddezza (la cosiddetta "zona grigia"[65]) od ostilità (la "Resistenza disarmata" nelle fabbriche con centinaia di migliaia di scioperanti e sabotaggi continui dello sforzo bellico, nelle campagne, nei campi di internamento tedeschi (col rifiuto di aderire alle forze armate della RSI[66]) verso il rinato fascismo, consentendo lo sviluppo e il sostentamento della lotta armata antifascista. Nel corso dei 600 giorni di durata della Repubblica Sociale, i dibattiti interni al Fascismo si orientarono essenzialmente su: la critica al passato regime, ai suoi compromessi con la monarchia, la Chiesa e l'establishment industriale[67], ritenuti ostacoli che avevano impedito la completa realizzazione della "rivoluzione fascista" la socializzazione delle imprese, che divenne tanto un propagandistico "ritorno alle origini" del fascismo quanto una maniera revanscista per colpire le classi sociali alto-borghesi, ritenute dal fascismo squadrista disfattiste, antifasciste se non in aperta combutta col nemico la nuova veste istituzionale da dare allo stato, se accettare l'introduzione di elementi democratici nella costituzione dello Stato e se consentire un regime pluripartitico o monopartitico[68] la nuova forma da dare alle Forze Armate, interamente volontarie oppure mantenendo una continuità con il vecchio esercito monarchico di coscritti, nonché sulla loro apoliticità oppure sulla necessità di dar loro una veste politica, sulla falsariga delle SS tedesche[69]. il problema del "dopo" tanto in prospettiva di una vittoria dell'Asse (ritenuta ancora possibile grazie alle "armi segrete" di cui si pensava disponesse il Reich) sia quando la sconfitta divenne certa. Fra le componenti psicologiche e politiche che mossero la RSI e il Fascismo Repubblicano è importante evidenziarne almeno tre principali, non per forza in contrasto fra di loro, quali emergono dalla memorialistica: il desiderio di preservare la continuità del regime fascista e del suo collocamento bellico al fianco della Germania; il desiderio di vendetta contro quegli elementi ritenuti esiziali per il vecchio fascismo: "i nemici di dentro e di fuori" che avevano impedito il completamento della "rivoluzione", avevano sabotato lo sforzo bellico facendo intelligenza col nemico, e avevano tradito Mussolini spingendolo a scelte errate, identificati con la massoneria, gli ebrei, la plutocrazia, la monarchia, ecc.; il cupio dissolvi, una forte componente nichilista dettata dal desiderio di cercare "la bella morte" e concludere con essa un'esperienza politica ed umana condannata alla sconfitta[70]. il desiderio di rendere un servizio alla nazione nel suo momento ritenuto più buio (riscattandone l'onore, secondo i fascisti compromesso dall'armistizio dell'8 settembre, impedendo una ancor più dura - e probabilmente devastante - occupazione germanica[71], mantenendo in piedi l'apparato dello stato per consentire la sopravvivenza del popolo durante la guerra)[72] Il "neofascismo" [modifica] Per approfondire, vedi la voce Neofascismo. Nonostante il divieto di ricostituzione del disciolto partito nazionale fascista, stabilito dalla Costituzione Repubblicana, movimenti fascisti sopravvissero anche dopo la guerra. In particolare il Movimento Sociale Italiano di Pino Romualdi e Giorgio Almirante, che fu accusato di ricostituzione del disciolto partito fascista. Almirante fu anche un ottimo oratore, un uomo con molto carisma e credibilità, il leader più amato e più eletto all'interno del MSI. Il MSI ridusse nel 1994 i legami col movimento mussoliniano e si trasformò in Alleanza Nazionale durante un congresso a Fiuggi. Un gruppo di irriducibili nostalgici, legati all'ex-segretario e combattente della Rsi Pino Rauti, si staccò allora da AN (proprio in occasione del Congresso di Fiuggi) e fondarono il partito della Fiamma Tricolore. Di recente, dopo alcune vicende personali, Rauti ha lasciato anche questo movimento per fondarne uno nuovo (Mis, Movimento idea sociale). Contemporaneamente Alessandra Mussolini, nipote del dittatore, lasciava AN in aperta polemica col suo presidente Gianfranco Fini, il quale aveva preso le distanze dalle posizioni legate al fascismo e alla figura di Mussolini. [73] La Mussolini fondò così un proprio partito (AS, Azione Sociale) che promosse l'alleanza denominata Alternativa Sociale che univa AS ad altri due movimenti neofascisti e nazionalisti: Forza Nuova, guidato da Roberto Fiore, e Fronte Sociale Nazionale, fondato da Adriano Tilgher. Interpretazioni del Fascismo [modifica] Per approfondire, vedi le voci Le interpretazioni del fascismo e Fascismo. Storia e interpretazione. All'interno della vasta critica storica sul fascismo, è possibile individuare varie interpretazioni, tra cui: quella di Mussolini, che nell'Enciclopedia Italiana alla voce relativa scrisse "il fascismo fu ed è azione"; quella liberale di Benedetto Croce, che considera il fascismo come una "parentesi" della storia italiana, una "malattia morale" a seguito della grande guerra; quella democratico-radicale, che considera il fascismo come un prodotto logico, inevitabile, degli antichi mali del nostro paese; quella di tradizione marxista, che considera il fascismo come un prodotto della società capitalista e della reazione della grande borghesia contro il proletariato attraverso la mobilitazione di masse piccolo-borghesi e sottoproletarie (il "regime reazionario di massa" descritto dai comunisti italiani in clandestinità); quella revisionista di Renzo De Felice, che intende rivedere il giudizio storico tradizionale sul fascismo, sottolineandone il consenso raggiunto nella società italiana e le radici profonde nella situazione del primo dopoguerra. Parodie del fascismo [modifica] Una memorabile parodia dei fascismi è costituita senza dubbio dal film Il grande dittatore di Charlie Chaplin. Con particolare riferimento al fascismo italiano, si segnala quella di Corrado Guzzanti che, per la prima volta nella trasmissione Il caso Scafroglia del 2002, presenta il personaggio Gaetano Maria Barbagli, immaginario gerarca fascista inviato a conquistare il pianeta Marte assieme alla squadra di camicie nere ai suoi ordini. La storia, narrata nello stile dei cinegiornali dell'Istituto Luce del ventennio fascista, sarà successivamente ripresa ed ampliata nel film Fascisti su Marte, proiettato nel 2006 e realizzato dallo stesso Guzzanti dopo anni di lavoro e ricerche. Note [modifica] ^ "Io sono reazionario e rivoluzionario, a seconda delle circostanze. [...] Ma sono certamente rivoluzionario quando vado contro ogni superata rigidezza conservatrice o contro ogni sopraffazione libertaria. [...] Se domani fosse necessario, mi proclamerei il principe dei reazionari.", Benito Mussolini, discorso tenuto al Senato il 27 novembre 1922, cit. in Il manuale delle guardie nere, Ed. Reprint; "Con lo scatenarsi dello squadrismo agrario il fascismo aveva inequivocabilmente dimostrato di essersi trasformato in un movimento reazionario legato alle classi dominanti più retrive, deciso ad inserirsi ad ogni costo nella politica nazionale a livello parlamentare e governativo", pag. 119, Renzo De Felice, Sindacalismo rivoluzionario e fiumanesimo nel carteggio De Ambris-d'Annunzio, Morcelliana, 1966; Paolo Buchignani, La Rivoluzione in camicia nera, Mondadori, 2007; George Mosse, Intervista sul nazismo, Laterza, 1977; Renzo De Felice, Intervista sul fascismo, a cura di M. A. Ledeen, Laterza, 1975 ^ Giuseppe Parlato, La sinistra fascista Il Mulino Ricerca, 2000; Emilio Gentile, Le origini dell’ideologia fascista, Laterza 1975; Francesco Perfetti, Il dibattito sul fascismo, Bonacci, 1984 ^ Dario Padovan, Organicismo sociologico, pianificazione e corporativismo in Italia durante il fascismo in Eassegna italiana di sociologia - 4\2007; zeev Sternhell, Sul fascismo e la crisi dello Stato ebraico, in "MicroMega", 4\1989; Salvatore Lupo, Il fascismo. La politica in un regime totalitario, Donzelli, 2000 ^ "Lo Stato non vuole difendersi? lo Stato non ha la forza? lo Stato ha paura delle violenze? ci pensiamo noi, dissero i fascisti" cfr. Guido Bergamo, "Il Fascismo visto da un repubblicano", in "Il Fascismo e i partiti politici", a cura di Renzo de Felice, Cappelli. "il programma economico-nazionale è salvare l'Italia dal bolscevismo in quanto è rivoluzione e in quanto è d'importazione straniera". cfr. Giovanni Zibordi, "Critica socialista del fascismo" in "Il Fascismo e i partiti politici", ibidem ^ "Il significato fondamentale che il fascismo rivestì man mano che esso si definì (...) è quello di una reazione prendente le mosse dalle forze combattentistiche e nazionali, di fronte ad una crisi che era la crisi stessa dell'idea di Stato, dell'autorità e del potere centrale in Italia (cfr. Julius Evola, "Il Fascismo visto dalla destra", Settimo Sigillo, Roma) ^ "La Nazione non è la semplice somma degli individui viventi, nè lo strumento dei partiti per i loro fini, ma un organismo comprendente la serie infinita delle generazioni in cui i singoli sono elementi transeunti" et al.(Cfr "Programma e statuto del PNF", 1922 ^ Per un tentativo di definizione ed interpretazione del Fascismo e delle sue radici culturali cfr. Benito Mussolini, Opere complete. ^ Lezione di Lelio Basso tenuta il 30 gennaio 1961 ^ Cfr. "Dizionario della lingua italiana Treccani, voce "Fascismo", vol. D-L pag. 393. - "A più riprese nel corso della guerra e dopo l'armistizio si erano formati nel parlamento e nel paese dei Fasci, per la resistenza, per la vittoria, per la difesa dal nemico, e simili. S'intitolavano Fasci a significare ch'erano unioni contingenti e provvisorie di elementi vari, concordi in un obbiettivo comune (...) Dopo Caporetto il loro programma e la loro missione fu salvare l'Italia dal cosiddetto "disfattismo". cfr. Giovanni Zibordi, "Critica socialista del fascismo" in "Il Fascismo e i partiti politici", a cura di Renzo de Felice, Cappelli ^ Per la cronaca della nascita, cfr. Enzo Biagi (a cura di) Storia del Fascismo Sadea-Della Volpe, Firenze, 1963-1964 ^ Cfr. discorso alla Camera dei Deputati di Benito Mussolini il 16 novembre 1922 - Fabio Andriola, in Mussolini, prassi politica e rivoluzione sociale riferisce di 2.200 fasci e 320.000 iscritti al novembre 1921 ^ Cfr la citata lezione di Lelio Basso: "Gl'industriali si volsero anch'essi al fascismo, poco dopo gli agrari, e cioè fra il 1920 e il 1921" ^ Cfr atti dei lavori alla Camera dei Deputati, 1922-1924 ^ Cfr. Luigi Salvatorelli, Mussolini al potere, lezione tenuta a Milano il 20 febbraio 1961 ^ Renzo De Felice, Mussolini il fascista, cit. ^ Profili storici:Dal 1900 a oggi di Andrea Giardinetta, Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto, pagine 254, 363, 369, 371 e 372 ^ [1] Vedi qui ^ "Giliberto Capano e Elisabetta Gualmini - La pubblica amministrazione in Italia - Bologna, il Mulino 2006", pag. 121 ^ INPS La nostra storia ^ Profili storici:Dal 1900 a oggi di Andrea Giardinetta, Giovanni Sabbatucci e Vittorio Vidotto, pagine 254, 363, 369, 371 e 372 ^ Per una disamina della politica estera fascista si rimanda all'opera di De Felice (Mussolini l'alleato), nonché allo studio incompiuto di Franco Bandini L'Estate delle Tre Tavolette e al lavoro di Fabio Andriola Il Carteggio Churchill-Mussolini. ^ Renzo de Felice, Mussolini il duce, cit. ^ ibidem ^ Il testo dei telegrammi è citato in: Angelo del Boca. I gas di Mussolini. Il fascismo e la guerra d'Etiopia. Roma: Editori Riuniti, 1996, pp. 148-182. Una selezione più estesa dei telegrammi è disponibile in: I telegrammi di Mussolini dal sito web «Crimini di guerra». Riportato il 31 gennaio 2007. ^ Mussolini e i generali italiani cercarono di avvolgere nella massima segretezza le operazioni della guerra chimica, ma i crimini dell'esercito fascista furono rivelati al mondo dalle denunce della Croce Rossa internazionale e di alcuni osservatori stranieri. La reazione italiana fu – per ben 19 volte - il bombardamento "per errore" delle tende della Croce Rossa poste nelle vicinanze di accampamenti militari etiopici. La prima di queste incursioni – autorizzate da Mussolini in persona - avvenne nel dicembre 1935 e colpì una struttura gestita dagli Svedesi, dove si contarono 29 morti e 50 feriti. ^ http://www.senzasoste.it/per-non-dimenticare/tesi-universitaria-sui-crimini-fascisti-capitolo-1.html Tesi universitaria sui crimini attribuiti al fascismo. ^ Nel corso di una cerimonia ufficiale esplose una bomba. La rappresaglia fu immediata e crudele. I circa trecento Etiopi presenti alla cerimonia furono trucidati e, subito dopo, le camicie nere della Milizia fascista si riversarono nelle strade di Addis Abeba dove seviziarono e uccisero tutti gli uomini, le donne, i vecchi e i bambini che incontrarono nel loro cammino; incendiarono case, impedendo agli abitanti di uscirne; organizzarono esecuzioni in massa di gruppi di 50-100 persone. I dati riportati sono ricavati da un documentario storico prodotto dalla BBC nel 1989 (Fascist legacy) e dalle seguenti opere: Giorgio Candeloro, Storia dell'Italia moderna, vol. IX, Milano 1981, Angelo Del Boca, Giorgio Rohat e altri, I gas di Mussolini, Roma 1996. ^ Nell'appunto relativo al 4 settembre 1938 dei suoi Diari, l'allora Ministro degli Esteri e genero del duce scrisse: «Il Duce è molto montato contro gli ebrei. Mi fa cenno ai provvedimenti che intende far adottare dal prossimo Gran Consiglio e che costituiranno, nel loro complesso, la Carta della Razza. In realtà è già redatta di pugno dal Duce. Il Gran Consiglio non farà che sanzionarla con la sua deliberazione.» Tratto da Galeazzo Ciano, Diario 1937-1943 - a cura di Renzo De Felice Edizione integrale, Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 2006, ISBN 88-17-11534-7 pag. 173. ^ r.d.l. 1381, 1390, 1539, 1630, 1728, 1779 e 2111 del 1938 e 126 del 1939, nonché leggi 1024, 1054, 1055 e 1056 del 1939 ed altre successivamente ^ "Il Fascismo pertanto alle sue origini fu un movimento politico e morale. La politica sentì e propugnò come palestra di abnegazione e sacrificio dell'individuo a un'idea in cui l'individuo possa trovare la sua ragione di vita, la sua libertà e ogni suo diritto; idea che è Patria, come ideale che si viene realizzando storicamente senza mai esaurirsi, tradizione storica determinata e individuata di civiltà ma tradizione che nella coscienza del cittadino, lungi dal restare morta memoria del passato, si fa personalità consapevole di un fine da attuare, tradizione perciò e missione", da Manifesto degli intellettuali del fascismo, marzo 1925 - "l'ideologia fascista è il prodotto di una sintesi del nazionalismo organico e della revisione antimaterialistica del marxismo" Zeev Sternhell, "Nascita dell'ideologia fascista", Baldini & Castoldi, Milano 1993 ^ "Per me tutte queste terminologie di destra, di sinistra, di conservatori, di aristocrazia o democrazia, sono vacue terminologie scolastiche; servono spesso per distinguerci, qualche volta, o per confonderci, spesso." Benito Mussolini, discorso al Senato, 27 novembre 1922 "Noi ci permettiamo il lusso di essere aristocratici e democratici, conservatori e progressisti, reazionari e rivoluzionari,legalisti e illegalisti, a seconda delle circostanze di tempo, di luogo, di ambiente", Benito Mussolini, discorso del 23 marzo 1921 ^ "Quanto al secondo pilastro del Fascismo esso significa antidemagogia e pragmatismo. Non abbiamo nessun preconcetto, non ideali fissi e soprattutto non orgoglio sciocco. Coloro che dicono: "Siete infelici, eccovi la ricetta per la felicità", mi fanno venire a mente la reclame: Volete la salute?." Benito Mussolini, discorso tenuto a Trieste il 20 settembre 1920. "Il fascismo è prassi, in quanto è inserito in uno specifico momento storico" definizione di Fascismo redatta da Giovanni Gentile per l'Enciclopedia italiana, 1937. ^ Marco Tarchi, Il fascismo. Teorie, interpretazioni, modelli, Laterza, 2003 ^ Cfr. il Manifesto del Partito Futurista Italiano, poi confluito nel PNF. E ancora, discorso del senatore del Partito Popolare Crisoliti, il 3 dicembre 1924 al Senato del Regno: "quando vidi che il regime volgendo la sua azione all'estero [...] per la prima volta costringeva tutto il mondo a guardare a noi, al vasto esperimento che l'Italia sola faceva, allora vidi sorgere l'immagine di un'Italia più grande e sacra di quella che altri uomini ed altri partiti avean dall'origine governata." ^ Fabio Andriola, Mussolini, prassi politica e rivoluzione sociale, 1990 ^ cfr. Emil Ludwig, "Colloqui con Mussolini", Mondadori ^ Si vedano gli apri dibattiti presenti in tutta la stampa fascista dell'epoca ^ Trattasi questa di una lista sintetica, suscettibile d'essere ampliata ^ Cfr. gli slogan "Mussolini ha sempre ragione" e "Credere, obbedire, combattere" ^ Il manuale delle guardie nere, Ed. reprint ^ Il manuale delle guardie nere, Ed. Reprint ^ "Governare gli italiani non è difficile, ma inutile" http://it.wikiquote.org/wiki/Benito_Mussolini ^ Testi ricavati ed adattati da "Il manuale delle guardie nere", Ed. reprint, raccolta di testi di Benito Mussolini ^ Le spese militari si contrassero dal 1923 al 1935 dal 31,6% al 25,03% del bilancio dello Stato, con una riduzione del 6,57%, a fronte di un aumento della spesa per le opere pubbliche dal 12,24 al 24,56%. Cfr. Renzo De Felice, Mussolini il Duce tomo I, Einaudi, 1974 ^ Renzo de Felice, Storia degli ebrei italiani sotto il fascismo, Rizzoli ^ Ingenera spesso confusione il fatto che con "discriminare" nell'ambito dei provvedimenti razziali si intendesse esattamente il contrario, ovvero che gli ebrei discriminati fossero coloro i quali non subivano le conseguenze di detti provvedimenti, a vario titolo. In questa sede si usa il termine discriminare nell'accezione corrente.

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