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16 Marzo 2008 12:02

Massimo Zamboni presenta il suo nuovo lavoro discografico: L'Inerme e L'imbattibile.

825 visualizzazioni - 0 commenti

di Lucia Vagliviello

Mercoledì 19 marzo, incontro con il pubblico alla Feltrinelli di Napoli . “Inermi sono le popolazioni, le città sofferenti la violenza delle armi, della paura, della guerra. La voglia di vivere le fa risorgere, sempre, Perchè a volte l’inerme “E'” l’imbattibile. Massimo Zamboni parte da Mostar per un viaggio verso tutti gli Est del mondo. Un percorso di istruzioni che offre a se , e attraverso se, agli altri , le ragioni etiche del nostro vivere”.Con queste parole Massimo Zamboni sintetizza lo splendido ed importante lavoro " L’Inerme è l'imbattibile" che esce per il manifesto cd. Il progetto è composto da tre supporti : cd, dvd e libro.La prima presentazione dell'interessante lavoro di Zamboni si terrà mercoledì, 19 marzo, alle ore 19 presso la Feltrinelli Libri e Musica di Napoli, sita in via Santa Caterina a Chiaia, 23, angolo piazza dei Martiri , Napoli. L'incontro di presentazione con il pubblico sarà moderato da Gianni Valentino. Il valido progetto musicale "L’Inerme è l'Imbattibile " è estratto del libro di Massimo Zamboni dove, nella fase di progettazione dello stesso , "vede la possibilità di sviluppare ulteriormente i pensieri e gli incontri suscitati dal presente lavoro, in direzioni non del tutto prevedibili. " Ma non mi piace ritenere di saper prevedere i percorsi con lungimiranza e fortunatamente non detengo il potere di realizzarli secondo le mie voglie. Posso lanciare una speranza, certo; ma ogni percorso è complesso, e richiede una infinità di coincidenze, di passioni e di fortune per arrivare a compimento. Così arretro sempre di fronte alla parola “progetto”, che peraltro appartiene più al mondo della costruzione edile che a quello della costruzione artistica. Ma da un pugno di canzoni siamo arrivati al presente cofanetto, dunque un primo percorso fondato E' stato messo in atto. Da qua in avanti il condizionale è d’obbligo, “vorrei” il verbo coniugato, queste note un messaggio nella bottiglia. Quello che vorrei, sarebbe scrivere un libro a nome collettivo. Un libro in viaggio, per l’impossibilità di sedi comuni, con l’ambizione di una serie di contributi molto importanti. Uomini e donne di valore che conosco soltanto per le loro opere, le loro parole, le loro vicende espresse; dunque, forse, a un livello di profondità accessibile. Uomini e donne nei loro luoghi, persone che hanno subito pesantemente la storia - per condizione loro o della propria gente - o intellettuali cui riconosco una superiore caratura etica interrogati sulla proposizione iniziale: se l’inerme possa essere imbattibile. Cosa abbia significato per la loro vita l’inermità; che cosa abbia prodotto, cosa significhi trattenerla nella memoria, cosa significhi resistere al terrore, alla dis/umanizzazione, alla vendetta. Se sia una nuova trappola la memoria. Con tutte le implicazioni e le sofferenze che questo può sottendere. Non sarà facile provare a chiederlo senza vergognarsi di noi, causa - spesso - di quelle stesse inermità; non sarà facile parlare, negli incontri casuali di viaggio, con “la gente”, con chi non si sia potuto permettere di risolvere o fondare nell’intelletto il proprio andare avanti. Questi, sono alcuni uomini e donne che mi piacerebbe interrogare, al tempo dovuto. E incontrare gli imprevisti e gli imprevedibili, e lasciar parlare i luoghi. E vorrei realizzare una serie di documentari. Seguire un pensiero per il mondo, filmandolo. Seguire il making of del libro (o viceversa?), elaborare altre figure, altri suoni, altri linguaggi che vadano a costituire una ricerca sul tema dell’inermità. Nessuna cronaca di viaggio, piuttosto comporre per immagini una tensione collettiva. Una troupe leggera nei percorsi, le musiche del disco come colonna portante, le parole del libro come impegno etico. " Non resta che parlare del contenuto del cofanetto: il libretto si parla da sè mentre il cd e dvd hanno debiti pesanti, e vanno assolti. La musica riparte idealmente sullo sfumare delle note del precedente album "Sorella Sconfitta". E’ un percorso che prosegue, con altre modalità, continuando a scandagliare quei pensieri.Partono da lì, le canzoni dell’Inerme, ma hanno radici lontane. L’indagine e l’esposizione della condizione umana, calata nella storia; la necessità di esistere con forza come individuo singolo e assieme collocato con gli altri, negli altri: sono tutti echi dei lontanissimi CCCP - Fedeli alla Linea e del loro Realismo Inquieto, dei lontani CSI e del loro “Non temere il tuo tempo”; del percorso di Materiale Resistente, di Matrilineare, dei viaggi nella Berlino del Muro, a Beirut, a Mostar, in Mongolia, a Finisterre, a Praga; del libro “Il Mio Primo Dopoguerra”. Un percorso di istruzioni per sopravvivere ai decreti della paura, per offrire a se e attraverso se agli altri - le ragioni etiche del nostro vivere. Attraverso il metodo del suonare. Primo Levi insiste di essere responsabili, per essere uomini. Essere responsabili obbliga a esporsi. A prendere in carico. Zamboni, sente per la prima volta la necessità / urgenza di cantare personalmente e in larga misura quanto è scritto nelle canzoni, di non delegare la responsabilità delle parole. "Grazie Sorella Sconfitta" dice Zamboni, "mi hai dato gli occhi e donata la voce. Facessi dei conti con il mondo del rock, questa sarebbe soltanto una scommessa sciocca, dopo 25 anni di carriera. Ma il mondo del rock, nella realtà, non esiste. E’ una finzione ormonale; benedetta, ma senza sbocchi. Chi non sa accettare di crescere, di finire, non accetta di esistere. Io voglio accettare di crescere. Una scommessa vera, invece, è nel provare a espandere quel rock- ma che brutto nome! - che poche righe fa non esisteva, portandolo sul terreno della maturità. Come una bestia in tana ho masticato il progetto in solitudine, quasi proteggendolo, e questo l’ha reso forte ai miei occhi; e l’ho dovuto spartire per il suo accrescimento, e ogni spartizione successiva ne ha moltiplicato il senso. Siamo in pochi a suonare nel cd, per gelosia verso le note. Ma ci sono persone vicine a me, e nel corso delle registrazioni piano piano sono arrivate tutte: Nada (voce in Quando se non ora, backing vocals -con grandissima disponibilità - in Quasi tutti, Don’t forget, Prove tecniche di resurrezione), Nabil Salameh (voce araba in Cranja), Marina Parente (soprano in Quasi tutti e Gloria gracile, backing vocals in Gloria gracile), Tara Thomson (voce canadese in Gloria gracile), Gigi Cavalli Cocchi (batteria in Quasi tutti, Quando se non ora, Don’t forget, percussioni in Gloria gracile), Luca Rossi (basso in Don’t forget), ancora Marina Parente nel coro fondamentalista di Cranja assieme a Daniela Algeri, Lazzaro Ferrari, Danilo Butcovich, Mau, Gabriela Balastikova). Da Mostar vengono i suoni di Orhan Maslo Oha (percussioni in Cranja, L’ovvio diritto al nucleare) e Keza Zelino (diple in L’ovvio diritto, gusle in Cranja).Tutto il resto, l’ho fatto con Saro." Nel Dvd, il tuffo della rondine. "Un film su Mostar. Forse l’ennesimo, certo- dice Zamboni- e già questo numero ci racconta come siano andate in profondità a tanti le vicende di quella città. Non riesco a considerarlo un reportage, nè un racconto di viaggio, piuttosto lo sviluppo per immagini di un pensiero. Realizzato assieme e grazie a ottimi compagni per la strada, primo tra tutti Stefano Savona, regista di documentari (Confine di specchi, 2002; Primavera in Kurdistan, 2006). Sul perchè del viaggio è già narrato a parte, voglio solo rilevare come la durata prevista del filmato fosse di pochi minuti rappresentativi, contro i quarantaquattro attuali. Grazie allo sforzo delle case di produzione, alle capacità di chi ha lavorato, ma grazie soprattutto alla bulimia di immagini e senso che la città di Mostar ha saputo scaraventarci addosso in pochi densi giorni, frantumando qualsiasi tentativo di riassumerla. L’accoccolato - On air. Un backstage casalingo montato dal regista Lazzaro Ferrari, con i suoni e le situazioni catturate - con calma e poca voglia di collaborare - da una macchinetta portatile comprata alla COOP che quasi si metteva in azione da sÈ durante le registrazioni nei luoghi del lavoro. La casa, lo studio. Un mondo, per qualche tempo. Un modo come un altro per ringraziare chi c’era, per far sapere che, senza loro, non ci sarebbe stato alcunchè." Lucia Vagliviello

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