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19 Febbraio 2007 16:47

Partigiano Facio, un delitto dell?Ovra?

2892 visualizzazioni - 0 commenti

di Maurizio Chierici

Quando comincia una guerra prima vittima è la verità, lo dice un senatore di Washington. La verità affiora nel tempo se i giornalisti hanno voglia di frugare sotto le carte ufficiali, soprattutto quando i protagonisti capiscono che non si può imbrogliare per sempre la storia. Sapremo cos?è davvero successo tra venti, trenta, cinquanta anni, sfogliando libri venduti con la furbizia di un marketing programmato per rianimare rabbie rassegnate. Intanto le scoperte continuano nell? Italia dove fascismo e antifascismo resistono sul palcoscenico della politica. E gli eredi dell?odio alzano la voce. Un partigiano fucilato dai partigiani per ordine del partito, è la bella notizia distribuita dal < Giornale >: finalmente può raccontare che la Resistenza si è sporcata le mani < eliminando senza pietà compagni di lotta che intralciavano la strategia della dirigenza comunista >. Recensione del < Il piombo e l?argento >, editore Donzelli: Carlo Spartaco Capogreco ricostruisce la vita breve di Dante Castellucci, nome di battaglia Facio. Ne ha parlato sull?Unità Andrea Ranieri con l? affetto respirato in famiglia. Il padre era l?ispettore che il Partito Comunista aveva mandato in montagna per controllare se la sentenza di un tribunale messo assieme per l?occasione, avesse concluso nella tragedia un processo trasparente. Ed é sceso a valle amareggiato: un imbroglio. Ma perché ? Curiosità non chiarita fino in fondo dalle ipotesi che il libro raccoglie. Bisogna dire che può sembrare eccentrico darsi daffare per sapere di un ragazzo ucciso mezzo secolo fa quando ogni sera da Bagdad arrivano 50 corpi disfatti in Tv. Emozioni che svaniscono un attimo dopo mentre i morti del passato continuano a dividere la memoria. Senza memoria il futuro è cartapesta. Facio, è un esempio. Nel 1963 la madre e la sorella vanno a Roma a ritirare una medaglia d?argento, capolavoro di ipocrisia: caduto mentre lottava contro il nemico. Non è vero, allora perché ? Ranieri ed altri vogliono spiegare cosa è davvero successo. Ma il silenzio ufficiale resiste. Laura Seghettini, < moglie > di Facio manda quattro fogli dove è raccolta la confessione dell?uomo che ha ordinato la morte del ragazzo partigiano. Rovesciano la motivazione vergognosa della medaglia. Facio è stato messo al muro da un agente dell?Ovra, polizia segreta di Mussolini. Volevano liberarsi di lui, ecco la verità. La Seghettini ha scritto un libro assieme a Caterina Rapetti: < Al vento del Nord >, editore Carocci. Ottantacinque anni, sorriso luminoso. Vive a Pontremoli fra le montagne dove ha combattuto: vice comandante di brigata. Le é rimasta una ferita che non si chiude: la morte di Facio. Quando si chiamava Dario Castellucci aveva seguito la famiglia in Francia, emigrazione calabrese, ed era tornato allo scoppio della guerra. In Francia aveva imparato ad amare musica e poesia. Suonava il violino, scriveva versi. La guerra lo porta sul fronte francese, ma il ragazzo rifiuta di sparare contro un popolo amico: degradato e spedito in Russia attorno al Don. Viene ferito. Torna in Calabria dove incontra un cantastorie antifascista al confino in quell? Italia dimenticata, come Cesare Pavese o Carlo Levi. Il ragazzo si associa al suo carro dei Tespi e lo segue al nord quando cade il fascismo. Comincia l?amicizia umana e politica coi fratelli Cervi. Nelle lunghe notti del ?43 la clandestinità impone un nome di battaglia. < D?ora in avanti mi chiamo Facio, era un brigante delle mie parti: combatteva i Borboni >. Alla fine di novembre < mentre si trovava dai Cervi la casa viene accerchiata, chi è dentro, arrestato. C?é anche Facio. Il quale si finge francese e finisce nel carcere per stranieri >, vecchi prigioni ducali nella Cittadella di Parma. Mura che sono un gruviera. Sotterranei non blindati. Riesce a scivolare fuori e si rifugia nella casa di un compagno di partito. Nell?intrigo delle delazioni il partito apre un?inchiesta sugli amici ancora vivi che frequentavano i Cervi: qualcuno ha tradito. I dubbi su Facio sono i primi a svanire. Lo racconta Laura Seghettini: si sospetta di un untore che portava stivali da ufficiale della milizia fascista. Giocava tra tedeschi e partigiani. E per lasciar credere d?essere informatore informato, aveva l?abilità di lasciar cadere sospetti, verosimili ma non veri tanto per mantenersi a galla. Dopo l?inchiesta il partito si fida e manda Facio in montagna. Quando Laura sfugge all?arresto e sale fra i boschi, le imprese di Facio sono ormai una leggenda. Ha ereditato il comando di un distaccamento: magro, un po? biondo. Il primo incontro è brusco. Apre un?inchiesta per sapere chi è, ma la conoscono in tanti e annuncia a Laura: < Puoi restare >. E? la sola donna fra quaranta ragazzi: < Spero non nascano problemi >. Poi il camminare assieme, assieme pulire le armi, dividere briciole di polenta di castagne, unico cibo, e dormire uno contro l?altro nelle capanne di frasche sotto la pioggia di primavera, cambia qualcosa. Facio vuol capire perché Laura combatte il fascismo. Le racconta del libro che ha scritto: < I deboli >. Tra loro < nasce una simpatia >. E con l?ossessione all?ordine del quale Facio sembrava prigioniero, un giorno lo annuncia ai compagni senza dir niente alla ragazza: < Vi comunico che Laura ha scelto me >. Passando davanti alla chiesa del paesino attorno al quale erano nascosti, chiede a Laura di andare dal parroco: < possiamo sposarci >. Ci conoscevamo da pochi giorni ? racconta la signora - ma il tempo e la vita, allorea, avevano un?altra dimensione >, potevano morire da un momento all?altro. Non si sposano perche Facio confessa di non essere credente: < Provi a credere e ritorni >, li congeda sorridendo don Eugenio Grigoletti. Fin qui storia di guerra e d?amore, ma la storia cambia con l?arrivo di Salvatore. Era il nome di battaglia di Antonio Cabrelli di Guinadi, una vita avventurosa.< Veniva dalla guerra di Spagna, per il partito era andato in Tunisia ed era rimasto in Francia fino a quando nel ?39 risponde all?appelllo di Mussolini ai fuoriusciti. Brontolava la guerra, li invitava a tornare. E Salvatore rientra, si consegna, finisce nell?esilio di Ventottenne dove sottoscrive un attestato di fede che Laura Seghettino ha recuperato nell?archivio storico della Resistenza. Scappa dall?isola e dove si nasconde l?uomo braccato dalla polizia segreta fascista ? Torna a casa, attorno a Pontremoli e i carabinieri non lo vanno a cercare, forse tranquillizzati dal rapporto che Salvatore ha firmato nelle carceri giudiziarie di Apuania dopo essersi consegnato al confine francese. La Germania sta dilagando: Cecoslovacchia, Polonia e Salvatore crede di capire chi governerà l? Europa: < Considero che con l?iniziativa della guerra si è registrato il fallimento completo della politica antifascista?>., Riconosce la lealtà del Duce e prega di < poter essere messo al posto ove le mie modeste qualità possono meglio servire permettendomi di provare la sincerità delle mie dichiarazioni >. E subito collabora. Disegna l?organigramma clandestino del Pci. Spiega che il trattato Motolotov-Ribentroff, Russia- Germania di Hitler, ha spaccato il partito. Longo, la moglie Esmeralda e Weizen non sono d?accordo con Stalin. Nenni e i socialisti ormai alla deriva; Modiglioni vorrebbe andare negli Stati Uniti. Salvatore è un navigatore collaudato. Quando fascismo e guerra vanno male, torna sui vecchi passi. Il partito non, ma non si fida. La sua confessione viene scoperta dopo il ?45. Il segretario della federazione di Parma scrive a Facio una lettera: gli raccomanda di non affidargli incarichi speciali. Non hanno ancora capito da che parte sta. < Facio conservava la lettera nel portafoglio. Me me parlava, forse lo ha detto ad altri. E Salvatore comincia a sospettare >. Cerca l?indipendenza: staccarsi dalla Picelli oer creare una brigata spezzina: < Corre voce che paga e bene chi lo segue: trenta, quaranta mila lire >. Disprezza pubblicamente Facio: < Quel brigante calabrese?>. E Facio manda due uomini in Val Ceno per chiedere consiglio al partito: cosa fare ? Non tornano in tempo con la risposta: una rappresaglia li blocca. Facio sfugge ai colpi di un cecchino. Scappando perde il cappello, ed è il cappello di un uomo di Salvadore. Poi, il processo. Salvadore invita Facio a consegnarli il contenitore nel quale i lanci degli inglesi mettevano cibo, armi, denaro. Salvadore accusa Facio di essersi impossessato di un lancio destinato ai suoi uomini. Manda messaggi, gli vuol parlare. I fedeli di Facio diffidano, ma il ragazzo calabrese ha voglia di chiarire e due compagni lo seguono. Salvadore sembra cordiale. Versa il vino, ma , all?improvviso, punta la pistola. Disarma Facio, lo colpisce con un pugno e quando il ragazzo cade a terra lo pesta coi piedi.. Comincia il processo attorno ad un tavolo. Salvatore è la pubblica accusa. Laura arriva quando la condanna è già stata pronunciata. La disarmano, è la loro ultima notte assieme. Facio scrive alla madre, stranamente sereno come non credesse facessero sul serio. Affida la lettera alla moglie mancata. Il mattino dopo è morto. Laura recupera il suo portafoglio, manca il messaggio nel quale il responsabile del partito lo invitava a diffidare. Qualcuno l?ha distrutta. Laura legge la sentenza di condanna scritta dopo la fucilazione e motivata con accuse diverse da quelle che Facio e gli altri testimoni le avevano raccontato nella notte d?attesa. Quand?erano faccia a faccia non lo avevano accusato di sabotaggio, conclusione del tribunale.. Forse si erano vergognati dell?invenzione. Il crimine che a voce gli contestavano era di essersi impossessato di un fusto pieno dio sterline, ma Facio era dall?altra parte della valle, anche Laura e gli altri uomini non ne sapevano niente.. Poi la guerra finisce. Laura chiede giustizia. Parla con Amendola e Amendola la richiama rattristato: di Salvatore il partito non si fida ma non esistono elementi sufficienti ad incolparlo. I, Pci continua a guardarlo in un certo modo e se ne libera. Allora Antonio Cabrelli scivola nei socialisti del Nenni che dava per finito. Consigliere e poi assessore a Pontremoli e un giorno va nella scuola dove Laura fa la segretaria. < Sentii bussare, e ancora prima di vedere chi fosse avevoi riconosciuto la voce rauca di Cabrelli. Mi disse: d?ora in avanti lavoreremo assieme. Mi sono allontanata immediatamente dalla stanza >. Salvatore finisce male: un incidente stradale accanto a una donna che Laura definisce < ex spia dell?Ovra >. Laura che vive fra i ricordi della sua casa di Pontrenoli dove nessuno ha pensatoi a dedicare una strada a Facio e a tutti i partigiani assassinati da fascisti e nazisti. Val la pena ricordare le parole di conclusione dell?articolo del Il Giornale, pagina della cultura: < E? la storia di una menzogna lunga sessant?anni, costruita dal cinismo dei dirigenti comunisti >. Scoprire tutta la verità deve essere sembrato insopportabile all?autrice dell?articolo: mchierici2@libero.it Cortesia dell'Unità

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