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19 Dicembre 2006 10:10

Morire anche se la Chiesa non vuole

2523 visualizzazioni - 6 commenti

di Maurizio Chierici

Le luci del Natale accompagnano il tormento di un uomo che vuol morire ma non può morire. Chiede di morire con la dignità di una persona non confusa dal dolore. Non sopporta lo spegnersi di un corpo ormai nemico al quale le macchine allungano lo strazio senza speranza. Si dice accanimento, ma è qualcosa di più ipocrita, forse perverso. L?agonia è il momento privato al quale impossibile sfuggire. Ci aspetta chissà dove, dubbi e illusioni raccolte sull?ultimo guanciale nel silenzio dei pensieri. In questi giorni non è semplice capire come mai le ore segrete siano diventate una specie di reality show, minuto per minuto, sentenza per sentenza rivoltate nelle prime serate Tv da signori in buona salute o giovanotti che della polemica ne hanno fatto professione. Paladini della pelle degli altri per eccesso di solidarietà. Oppure ? Le ipotesi possono essere diverse. Prevale l?ultima generosità di chi attraversa la sofferenza e decide di affrontare una disperata battaglia civile per impedire che la stessa pena strazi altre persone nella disattenzione di leggi superficialmente interessate a chi non ce la fa. Non importa se l?angoscia é atroce. Per i codici la vita deve continuare nel rispetto delle carte scarsamente frequentate. Ecco l?altruismo di Welby: far capire l?impossibilità di una sopportazione disumana richiamando i legislatori al dovere non gradevole, ma necessario, dell? impedire che il tormento si ripeta. E? già possibile impedirlo se W si fosse affidato alle pratiche legali e non furtive che ogni giorno in ogni ospedale ogni medico esercita per placare il dolore. Morfine più pesanti che addormentano fino al respiro finale. Senza clamori, lontano dai battage che accendono confronti troppo illuminati. Anche la dottrina della Chiesa rifiuta le vite tagliate e le rifiutano i politici che del cattolicesimo ne fanno pubblico teatro. Rovesciano i registri morali delle loro comodità mortali per ribadire la speranza di una fede che non si arrende. Ma il confronto non può esaurirsi nello spettacolo di immagini e parole, interviste che rinfacciano ipotesi inconciliabili: il dramma deve essere affrontato con una prudenza libera da ipocrisie per concretizzare la tutela dell?estremo diritto umano. Tralasciare il pudore per raccontare la propria sofferenza a chi decide e a chi deve scoprire come può finire la vita, quindi pretendere chiarezza nei codici, é la testimonianza della generosità di Welby: morire in pubblico per far capire. Resta il dubbio per la politica se ne é impadronita con eccessivo fervore. Cavalcare la ribalta non spiace a chi lo fa di mestiere. Anche la Chiesa potrebbe illuminare il dialogo con una comprensione che non tradisca i dogmi ma si avvicini alla fragilità dell?uomo. A volte la Chiesa si apre a comprensioni insospettate. Anni Settanta, Irlanda del Nord. sciopero della fame fino alla morte nel carcere speciale di Maze: cinque ragazzi, guerriglieri dell? Ira, chiedono di indossare i vestiti di casa e non le tute operaie che il regolamento impone. Gli abiti proibiti sono un po? speciali: basco nero, calzoni militari. Insomma, divisa dei giorni di fuoco. Durante le ore d?aria marciano nel cortile imbracciando pezzi di legno come fossero fucili. Uno di loro fa il comandante e dà ordini. Di corsa, dietro front, a terra. Addestramento di un plotone. Quando Londra proibisce marce e divise, comincia lo sciopero della fame. Vogliono essere considerati prigionieri politici, non terroristi. Bobby Sands è il primo a morire dopo settimane di un?agonia accompagnata dalle preghiere di ogni comunità cattolica dell?Irlanda del Nord. Le guidano i sacerdoti. < Signore aiutali ad ottenere giustizia >. Nessuno prega perché smettano di morire. < Preghiamo per aiutarli ad avere coraggio fino in fondo. La loro fine cambierà le leggi di questo paese >: Bernadette Devlin stava per diventare deputato europeo della comunità cattolica di Belfast. Faccia bionda da contadina, prima che un bomba protestante le scoppiasse addosso. Cammina zoppicando, guance segnate da piccole cicatrici. < Si può morire per una divisa ? >. < Non si tratta di camicie e pantaloni. E? il principio di un?identità che gli inglesi vogliono umiliare >. Si può morire per un?identità ? < Allora per cosa vivere se viene rubata ? >. Il dolore che oggi strazia Welby, ne minaccia l?identità ? In quel Settanta Bobby Sands muore suicida ma non per la Chiesa e per il vescovo cattolico di Belfast. Nella cerimonia solenne d?addio ripete: < i carcerieri lo hanno costretto >. Un altro dei ragazzi che non mangia e non beve entra in agonista. Frank Hugher, 24 anni. Andiamo in macchina a Bellughy, paesino vicino a Derry, dove vive la famiglia di Frank. Ha organizzato una veglia di preghiera. Oliver, il fratello racconta di essersi candidato alle elezioni amministrative di Derry. Partito cattolico. Il dramma di Frank gli regala una certa popolarità. E? convinto di poter essere eletto. Nel cucinone un sacerdote dalla faccia scavata ha cominciato a pregare. Davanti alla foto di Frank sono accese due candele. < E? triste >, dice il prete sulla porta di casa quando il rosario è finito: < Preghiamo per aiutare un ragazzo a resistere fino in fondo nel suo proposito. Sarà giusto oppure sbagliato ? Il Signore lo sa >. La madre sta versando da bere. Vestita a festa, parla come un?automa. < Sono gli altri che lo uccidono. Frankie non ha scelta >. Scappa nell?altra stanza, vuol piangere da sola. Il marito abbassa gli occhi. < Dobbiamo rispettare la volontà del ragazzo >. Ma lei è cattolico. La Chiesa condanna il suicidio?:Oliver si arrabbia: < Non è suicidio. Siamo in guerra. Quando un soldato va all?attacco sa bene che le probabilità di arrivare dall?altra parte sono poche. Allora ogni soldato deve essere considerato un suicida ? >. E Welby, alle corde per il dolore, oggi vuole avvicinare l?ultimo battito: può essere definito peccatore ? Frankie muore il giorno dopo, alle sei del mattino. Cerimonia sempre solenne. Due vescovi e tanti sacerdoti. Lo seppelliscono nell?angolo che il cimitero ha riservato < agli eroi >. Quando il corteo infinito passa davanti alle postazioni inglesi, le donne aprono l?ombrello anche se splende il sole. Non vogliono che le telecamere dei servizi segreti guardino in faccia chi segue la bara. Aprono l?ombrello per proteggere anche la fila dei sacerdoti. Ma davvero sono tutti preti ? Questa la Chiesa irlandese, anni settanta, Paolo VI in Vaticano. Echi romani sbiaditi, nessuna voce condanna o prova a capire. I padri spirituali di Casini, Mastella, Giovanardi, eccetera, non avevano tempo da perdere con certe sciocchezze. Adesso la folgorazione: tempo ritrovato. Morire per fame, eccesso di morfina o per una mano che stacca la macchina, quale soprassalto morale può scatenare negli onorevoli legislatori dalla fede prète a porter? mchierici2@libero.it

COMMENTI

29 Dicembre 2006 18:03

Welby, vittima non solo della sua malattia, ma di un sistema politico e di una legislazione in materia, scadente. Welby vittima dell'ipocrisia e del cinismo della chiesa, che non ammette compassione di fronte al dolore ed alla sofferenza. O ammette compassione ma non la possibilità di decidere della propria vita mista a sofferenza e dolore. A Welby è stata staccata la spina e ridata la sua dignità di uomo.

Lorenzo

23 Dicembre 2006 01:56

Credo che ci siano uomini che non conoscono nè la pietas pagana nè quella cristiana. Il caso di Welby ha evidenziato un grosso problema relativo ai mass media.... la capacità di livellare verso il basso ogni tematica... la capacità di rendere la morte una pura e semplice rappresentazione su cui si può fare qualsiasi strumentalizzazione politica e di altro genere. Troppo stupida la mossa politica di mettere al centro la chiesa cattolica romana. Esporre mediaticamente la scelta di Welby significa necessariamente esporre la sua scelta ad un giudizio privato. La via strisciante verso l'eutanasia si avvale di politici che fingono di essere commossi in televisione e si avvale anche della strumentalizzazione della morte...l'ultimo e unico momento privato, profanato da politici e piccole diatribe.

Riccardo Landi

21 Dicembre 2006 13:26

Scusate ma vorrei dire la mia sulla questione grave della persona che soffre e che sia già morto,il povero Webley ha chiesto solo di farsi staccare la spina non vedo perchè non lo si fa ma siamo o non siamo in un paese democratico?.Poi quello che mi fa innervosire è vedere e sentire tanti falsi moralisti che appoggiano le guerre quando poi dicono che staccare la spina è un omicidio ma le guerre non sono omicidie,vi ringrazio a tutti voi di Arcoiris ma non si potrebbe fare una raccolta di firme per poter fare staccare sta maledetta spina? ok vi ringrazio nuovamente e vi auguro buone feste e un mondo piu vivibile.

carlo

21 Dicembre 2006 13:19

La mia preoccupazione è quella che un giorno qualcuno non possa decidere per me quando farmi morire. Lotterei e mi impegnerei per questo, dato che ogni tanto in qualche ospedale si viene a sapere che qualcuno magari perchè una cura costa molto viene << lasciato morire in pace>> Sul decidere io la mia morte, la cosa che mi fa paura è la sofferenza, ho avuto degli amici che purtroppo sono scomparsi mangiati da un tumore, sono morti , il dottore li ha aiutati a non soffrire atroci dolori, con la vicinanza dei familiari e di qualche amico , senza tanti clamori ed effetti speciali. Vi saluto e vi auguro buone feste. !!!

Paolo

21 Dicembre 2006 07:58

(Considerazione). Quando non vi sono incidenti, di qualsiasi tipo, e si è vissuto "abbastanza" tutti, magari quando sopraggiunge un sia pur piccolo malanno, possono prendersi la "libertà" di decidere di morire e mettendosi a letto comunicano in qualche modo ai parenti o amici il loro desiderio di farla finita, in modo sereno, con la vita. Mi sembra sia un fatto assolutamente naturale,normale accettato da tutti tanto che si dice che il tale ha deciso di morire. In casi del genere nessuno interviene per prolungare la vita, semplicemente perchè il soggetto che muore non glielo consente, in quanto la sua cosciente decisione è stata già presa. Invece la scienza medica riesce in qualche modo (diabolico) ad intervenire per prolungare la vita, che diventa sofferenza, accanendosi contro la naturale morte. A chi allora è CONSENTITO "staccare la spina" se non alla persona che più di tutti AMA?

Vincenzo

21 Dicembre 2006 02:20

Purtroppo ho avuto in famiglia casi di tumore o di tenuta in vita con rianimazione che non hanno fatto altro che allungare le sofferenze anche se per periodi più brevi di quelli di Piergiorgio, ma tanto è bastato per essere favorevole all'eutanasia. Ricordo la morte di questi cari non nel momento registrato ma il giorno dell'operazione o dell'incidente, e alle obiezioni dei cattolici risponderei che Gesù nei suoi miracoli si è adoperato per guarire, non per non far morire. Ha detto alzati e cammina, non ha detto organizzati a soffrire, che non ti farò mai morire. Sarò anche malfidente, ma sarebbe il caso di vedere che commerci ci sono dietro tutti questi tubi, queste chemio, senza considerare un'altra cosa molto grave: ogni famiglia colpita da queste disgrazie pensa solo a ciò, non vede altre ingiustizie, è dilapidata da tutti i suoi averi, se ha un'attività è costretta a chiuderla, se ha dei ragazzi questi vengono trascurati, e dopo chi si occupa di questi lungodegenti ha bisogno di pscologi, di tranquillanti ecc., tutte cose che gravano sulla collettività e sul volontariato ma che sono a tutto vantaggio di professori e case farmaceutiche private....Almeno servisse a qualcosa! Forse solo a permettere sperimentazioni utili per realizzare poi il sogno d'immortalità di ricconi. W. Piergiorgio Welby e chi l'aiuterà. sp

anna m. caputano

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