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12 Maggio 2023 14:34

La meritocrazia merita rispetto

124 visualizzazioni - 0 commenti

di Fausto Carratù


Sul delicato tema della meritocrazia scolastica registriamo dichiarazioni tanto stravaganti da allarmare.
Cito quella che ho trovato più ideologizzata, per apparire tragicamente priva del dono del dubbio (prima cosa che nelle scuole si dovrebbe insegnare): "la scuola non è stata fondata sul merito....l'ideologia meritocratica che sta cercando con successo di occupare anche la scuola si basa sul dogma che i talenti siano meriti.... i talenti sono doni e le nostre performance nella vita dipendono dai talenti-doni ricevuti, molto poco dai meriti (perché anche la mia capacità di impegno è dono).... La scuola di tutti e per tutti è stata pensata e voluta per ridurre le disuguaglianze sociali e naturali che la meritocrazia, cioè l'ideologia del merito, invece aumenta". (Luigino Bruni, "Avvenire", 23/10/2022).
 
Chi sciorina simili stravaganze, ignora anzitutto la lettura laica della questione. Chiariamo, parafrasando,: "dai al talento quello che è del talento, dai al merito quello che è del merito".
Ammesso, ma non concesso, che i meriti provengano esclusivamente da talenti e "capacità di impegno", la tesi secondo cui queste proprietà non apparterrebbero all'individuo che le  manifesta, costituisce lettura evidentemente religiosa, insostenibile agli occhi degli atei, ma anche dei minimamente laici. E, soprattutto per la scuola che qui pare tirata in ballo, ossia quella statale, la confusione riesce evidente.  
Ma neppure sul piano di una lettura religiosa, le tesi trova  giustificazione. Seguendone l'indirizzo concettuale, come sarebbe immeritevole di ogni sua dote e di ogni suo prodotto, così l'individuo finirebbe, specularmente, con l'essere immeritevole e quindi incolpevole di ogni suo vizio e di ogni sua malefatta. La tesi, estremizzando la posizione luterana, ridurrebbe l'uomo alla condizione di un totale robot telecomandato, irresponsabile di meriti e di colpe, un essere privato ed incapace di ogni libertà di volere e non volere, di volere il bene e di volere il male, una tesi deflagrante, che renderebbe del tutto inutili ed inservibili le stesse religioni.

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