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Peacereporter N° 013: Colombia e Haiti, alta tensione

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Colombia: Da una parte i guerriglieri marxisti, dall'altra i paramilitari di destra, spalleggiati dai militari: nel mezzo i civili, i campesinos, la gente comune, che continua a pagare, da 40 anni, i costi della violencia, divenuta ormai strutturale nel Paese. Oltre che fisica, la violenza in Colombia è anche psicologica. Al grido di "o con noi o contro di noi", filosofia che sostiene la lotta alla guerriglia del presidente Álvaro Uribe, l'approccio prediletto dei militari e dei paramilitari ai campesinos della selva è "Manténgase alerta, denuncie cualquier situación sospechosa": dunque se intere comunità scelgono la pace, optano per la neutralità sono giudicati conniventi, traditori della patria da perseguire. L'ultima piaga è quella del desplazamiento: sono migliaia i contadini costretti a sgomberare dai propri villaggi per non scendere a patti con i militari. In fuga per mantenersi neutrali, in fuga per la pace.
Haiti: Con 25 persone uccise dalla polizia, il 3 giugno, nel pericoloso quartiere di Bel Air nella capitale Port au Prince, si aggrava il bilancio delle vittime degli scontri tra forze dell'ordine e fedeli dell'ex presidente Aristide: da settembre 2004, oltre 600 morti. Sale inoltre la tensione con la confinante repubblica dominicana, che continua ad espellere cittadini di Haiti: nelle scorse settimane, sono stati effettuati ben 3500 rimpatri forzati. Privati di tutto e costretti ad abbandonare casa e lavoro, gli sfollati si sono riversati in massa nei dintorni delle città di confine, aggravando la situazione già devastante: allo stato attuale, in gran parte di Haiti mancano acqua, cibo, elettricità.
Entro la fine di quest'anno ad Haiti - che è il paese più povero dell'America Latina - si dovrebbero svolgere le elezioni presidenziali anche se la maggioranza degli analisti politici sostengono che sarà molto difficile che questo possa avvenire. Nei quartieri della capitale Port au Prince sono all'ordine del giorno sparatorie e omicidi.
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