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19 Marzo 2012 23:06

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di Doriana Goracci

Cara signora Golden Lady Manager , come lei saprà in questa passata stagione c’è stata una specie di moria delle vacche: certe  360 operaie della sua fabbrica in Abruzzo, si troveranno presto a non sapere come andare avanti…”Il 25 novembre la Golden Lady ha licenziato anche 400 lavoratrici dello stabilimento abruzzese di Gissi (Chieti). Quasi mille licenziamenti, dunque, tra Abruzzo e Romagna, a fronte di un’azienda che si autodefinisce leader italiana della calzetteria. Un’azienda che non è in crisi.”
Va in Serbia a farsi gli Affari suoi ?

In effetti lo stabilimento di Gissi in provincia di Chieti, è solo chiuso e loro solo in cassa integrazione, in una specie di limbo fino a novembre…”382 oramai ex-dipendenti dello stabilimento Golden Lady di Gissi in Abruzzo alle quali ,sebbene sia stato riconosciuto un ulteriore anno di cassa integrazione straordinaria, lo stato di crisi per la zona dove è ubicato lo stabilimento, che ne faciliterebbe la riconversione, non è invece stato ancora riconosciuto dal ministero.” 
Il 15 marzo si poteva leggere:”…La notizia delle ultime ore è rasserenante, pare che 120 operaie della ex Golden Lady abbiano sicuro il posto di lavoro. Una buona parte delle operaie della Omsa di Faenza cambieranno mansione, dalla produzione di lingerie alla produzione di divani, grazie a  un accordo per la ricollocazione dello stabilimento.”
“Questa mattina del 19 marzo 2012, protesta delle operaie della Golden Lady di Gissi, la fabbrica di calze da donna che l’azienda lombarda ha deciso di chiudere. Con fischietti e striscioni le dipendenti hanno presidiato la sede dell’assessorato regionale al lavoro, in Via Rieti, in concomitanza con un vertice programmato per esaminare la spinosa vertenza. “Su 382 dipendenti siamo 250 donne – ha detto Iolanda Di Tullio, una delle manifestanti – e rischiamo di andare tutte a casa. Attualmente lavoriamo in pochissimi e il 21 novembre scadranno gli otto mesi di cassa integrazione in deroga. Alla Regione chiediamo di attivarsi con agevolazioni fiscali che rendano possibile l’acquisizione dell’azienda di altri imprenditori. La Val Sinello è  morta – conclude l’operaia – chiuso l’ospedale, chiuse le aziende e chiuse pure le scuole. Non potremo andare a lavorare neanche al bar”.
Vi passo il loro racconto dell’8 marzo. Vi assicuro che lottano ogni giorno. Possiamo boicottare quello che gli   è più caro…IL VOTO, oltre che le calze.
Doriana Goracci

     


Gissi, le operaie della Golden Lady “Ci hanno tolto speranza e dignità”
GISSI. Antonella, Tiziana, Giovanna. Il simbolo dell’8 marzo, in questa parte d’Abruzzo, sono loro, le operaie della Golden Lady. Nella giornata simbolo delle donne si ritrovano davanti allo stabilimento dove hanno lavorato per tutta una vita. Non ci si scambia auguri né mimose. Di colore giallo ci sono solo i cancelli automatici della fabbrica, che tre mesi fa si sono chiusi alle loro spalle. Ma loro sono ancora lì, dritte come querce, a non farsi piegare da logiche di mercato che spostano la produzione altrove e a reclamare quello che sono: non solo donne, ma anche lavoratrici. C’è chi è andata a riprendere i figli a scuola, chi ha sistemato il pranzo per la famiglia e rassettato la casa. Tutto di corsa perché alle 15 l’appuntamento è davanti alla fabbrica di calze. Si rivedono, si salutano, si scambiano convenevoli. Sembra l’inizio di un turno di lavoro, ma non lo è. Sono qui proprio perché il lavoro, quello di una vita, sicuro fino a un anno e mezzo fa, non ce l’hanno più. «Questa fabbrica era il fiore all’occhiello della Val Sinello, nessuno si aspettava che chiudesse per prima», riflette Antonella Ottaviani, ex operaia. Sono circa 250 le ex lavoratrici dello stabilimento, ma molte mancano all’appello. «C’è chi ha ancora paura ad esporsi», spiega una ex dipendente. Quelle presenti non hanno voglia di arrendersi e hanno scelto il giorno simbolo delle donne per ribadirlo. «Quest’anno viviamo la ricorrenza con tristezza e
con l’amaro in bocca», dice Fauzia Di Nella, per 23 anni dipendente Golden Lady, prima al reparto confezioni e poi responsabile del controllo misure, «ci hanno tolto la speranza, la dignità. Lavoro in giro non ce n’è e siamo penalizzate dall’età: abbiamo tutte da 40 anni in su. Gli imprenditori sono incentivati ad assumere giovani, noi che fine faremo? Penso al futuro dei miei figli: due stipendi in famiglia servivano non per avere di più, ma per sopravvivere». «Invece di festeggiare siamo qui per protestare il posto di lavoro», dice Iolanda Di Tullio, «viviamo un disagio fortissimo, la preoccupazione cresce e si trasforma in esasperazione. Le istituzioni non ci possono abbandonare. Le donne della Golden Lady pretendono attenzione dalla Regione, che si faccia carico del dramma sociale che le operaie stanno vivendo». Qui il presidente Gianni Chiodi non l’hanno mai visto. «Ringraziamo solo il presidente della commissione regionale industria e commercio, Nicola Argirò, e il presidente della Provincia, Enrico Di Giuseppantonio», ci tengono a puntualizzare. In questi mesi le operaie Golden Lady hanno portato la loro lotta a Pescara e poi a Roma, fino al ministero, e si sono abituate a stare sotto i riflettori. «Ormai stiamo spesso sui quotidiani e nei telegiornali», sospirano. Un concentrato di rosetto, mascara e grinta; femminilità e lotta per i diritti. «Abbiamo dato tanto per questa fabbrica: mai presi giorni di malattia e per avere un permesso facevi turni in più», sottolinea Carmela, «per che cosa poi?». Nel magazzino sta per iniziare un’assemblea sindacale per fare il punto della situazione sulla vertenza e le ipotesi di riconversione dello stabilimento. «Non abbiamo le idee chiare», spiega Tiziana, «ci dicono che riconvertire la fabbrica in un’altra attività è una cosa difficile, dovrebbero assorbire più unità operative per volta». «Ero qui quando proprietaria era la Sebino», racconta Loredana che ha lavorato a Gissi per 35 anni, «poi 23 anni fa la Golden Lady la rilevò. Ma erano altri tempi, non ricordo tutte le preoccupazioni di adesso, forse perché ero giovane». Nel 2012, invece, il domani è nero: la fabbrica delle calze ha chiuso, ha trovato una nuova casa in Serbia e non si sa chi prenderà il suo posto. «Ho 60 anni ormai, potrei starmene a casa», parla ancora Giovanna, «invece sono qui, l’8 marzo, a lottare per lavoro e diritti. Questa fabbrica ce l’ho nel cuore e mi dispiace per le mie colleghe: temo per il loro futuro come fossero mie figlie».

Altre notizie e foto su http://www.liquida.it/golden-lady/


 

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